18.11.2025

Corsa ai data center in Italia arrivano 10 miliardi di euro

  • La Repubblica

La costruzione frenetica di giganteschi data center somiglia a una nuova corsa all’oro.
JPMorgan stima che gli investimenti in infrastrutture IA arriveranno a 5 trilioni di dollari entro il 2030, ma calcola anche che sarebbero sostenibili solo con ricavi aggiuntivi per 650 miliardi l’anno. Una partita complicata, eppure i lavori non si fermano, anzi accelerano in tutto il mondo: dagli Usa alla Cina, passando per l’Europa. Anche l’Italia è investita da questa espansione improvvisa, che dipende certamente dalle GPU ma, in egual misura, dall’energia.
La crescita di queste infrastrutture si misura infatti nella potenza necessaria ad alimentare i supercomputer, in megawatt. «Oggi superiamo di poco quota 500, con una crescita del 17% rispetto al 2024. Erano poco più di 300 nel 2021 e, entro il 2026, potrebbero avvicinarsi ai 900», ha detto Marina Natalucci, Direttrice dell’Osservatorio data center del Polimi. Ma c’è abbastanza energia per soddisfare la domanda? «Gran parte dei data center si concentrano nell’area di Milano e in Lombardia. E la concentrazione è un problema, può portare alla saturazione», spiega Natalucci. Nessuno può permettersi un black out.
«Oltre alla capacità di calcolo, conta soprattutto la continuità operativa», ha spiegato Roberto Saracino, Cto di Brightstar Lottery, azienda globale che per i suoi servizi – basati su transazioni continue e sensibili – necessita di server “always on”. «Noi – continua Saracino – parliamo di virtual data center, un’infrastruttura distribuita sul territorio. In Italia, abbiamo tre hub a Roma e tre a Milano, capaci in ogni momento di garantire il servizio». Costruire un data center in Italia è un’operazione complessa, perché al momento manca un quadro normativo chiaro.
Tuttavia iniziano ad arrivare capitali esteri. Circa il 70% delle nuove aperture saranno “internazionali”. «Nei prossimi due anni – dice Natalucci – arriveranno 10 miliardi di euro. Ma l’alta tensione non basta per tutti: c’è già una richiesta di 40 Gigawatt. Viviamo un grande hype che va guidato». «Le reti attuali sono state progettate anni fa, pensate per un certo carico elettrico e per un certo traffico internet. L’arrivo dei data center modifica radicalmente questo equilibrio», ha detto Caterina Bifulco, Cto di Prysmian, colosso dei cavi.
«La convergenza delle reti sta ridisegnando l’intero comparto – ha spiegato Bifulco – e noi proviamo a farlo in modo sostenibile: con la fibra cava, per esempio, in cui il segnale viaggia nel vuoto anziché nel vetro, con velocità di trasmissione superiori». Ma su queste autostrade digitali in molti accelerano senza sapere veramente dove andare. «Viviamo in un mondo di sovrabbondanza di dati», ha affermato Andrea Coali, Cto di Cerved, azienda italiana specializzata nell’analisi di informazioni e valutazione del rischio. «La condizione indispensabile per distinguere il segnale dal rumore – dice Coali – è adottare un metodo scientifico. In futuro avremo bisogno di persone capaci di collegare mondi che un tempo vivevano in silos separati. Figure in grado di leggere i dati, di porsi le domande giuste».