18.11.2025

Mancano le competenze per colmare il gap digitale Viola: “Il Pnrr ha fatto tanto”

  • La Repubblica

L’Italia ha un ritardo difficile da colmare, ma è anche il Paese che più di ogni altro ha investito sul digitale, con il Pnrr, facendo qualcosa di straordinario». Roberto Viola, direttore generale della DG Communication Networks, Content and Technology della Commissione europea, così inquadra il rapporto tra Italia e digitale, a fuoco nel corso del talk A&F Live, ieri a Milano.
Questo dicono i numeri. Quelli raccontati da Luca Gastaldi, direttore dell’Osservatorio agenda digitale del Politecnico di Milano, vedono l’Italia 23esima su 27 Paesi nel percorso verso gli obiettivi comunitari al 2030. Siamo 13esimi per le infrastrutture, 19esimi nella digitalizzazione delle imprese, 23esimi per competenze e penultimi sui servizi pubblici digitali. I 48 miliardi messi sul piatto dal Piano di ripresa e resilienza, sui circa 200 totali, qualche frutto lo stanno portando: «Un balzo in avanti sulla copertura in fibra, sull’uso del cloud da parte delle imprese», riconosce Viola. Ma tanto resta da fare, nella classica fotografia a luci e ombre.
Non sono ragionamenti da circolo di addetti ai lavori. «È provata la correlazione tra maturità digitale di un’economia e Pil pro-capite», ragiona Andrea Rangone, fondatore degli Osservatori digital innovation dell’ateneo meneghino. «In Italia per vent’anni non ci siamo accorti di questo nesso: non a caso siamo fanalino di coda per produttività. E la questione salariale ne è diretta conseguenza». Digitale per aumentare la produttività e, se bene impiegato, abbattere le diseguaglianze. Altro nesso inverso – quello tra digitalizzazione e diseguaglianza economica che sta nei numeri, ma che non è scontato. Le fratture tecnologiche sono ampie in Europa, con i Paesi nordici a fare la lepre e il resto a inseguire. Ma anche in Italia. Le analisi del Politecnico vedono un’altrettanto classica frattura tra Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Lombardia – che poco hanno da invidiare al resto del continente – e Calabria, Basilicata, Sicilia, Molise o Campania che invece fanno peggio della Romania ultima nella classifica Ue.
Tema connesso e trasversale, il deficit di competenze: «A fronte di investimenti imponenti, l’aspetto del capitale umano rimane critico», rammenta Viola. I salari d’ingresso scarsamente attrattivi per questi specialisti sono il cane che si morde la coda. «Le aziende faticano a trovare profili – la diagnosi di Martina Mauri, direttrice dell’Osservatorio Hr – perché ci sono pochi giovani, tra questi pochi laureati e a loro volta pochi laureati Stem». Se volessimo raggiungere la Germania, fatte le debite proporzioni, dovremmo moltiplicare per tre ragazze e ragazzi con formazione tech. Le aziende li cercano come il pane, testimoniano Giovanni Buonajuto (Amplifon) e Giuseppina Falcucci (Lottomatica), in ambiti che vanno dai big data alla cybersecurity agli specialisti IA. E sono consapevoli della necessità di un doppio sforzo: uno richiesto a Università e Itis («lasciare entrare di più le aziende al loro interno») e uno dentro le organizzazioni, dove urgono percorsi di adeguamento delle competenze. «Stiamo cercando di far collaborare a livello europeo le università su IA, chip, sicurezza informatica», incalza Viola.
«Quando le scuole di business si sono ‘federate’, i risultati sono stati importanti. Ci sono altrettante eccellenze tecniche: con una maggiore collaborazione e dando loro flessibilità nell’offerta formativa e nella possibilità di attrarre e trattenere i migliori docenti e studenti, anche nell’ambito digitale può accadere altrettanto».
Competenze per competere, dunque, e da scaricare sul tessuto produttivo. «L’Europa e l’Italia in particolare hanno un modello basato su manifattura ed export, particolarmente sotto pressione in questo momento storico e geopolitico. Ma come insegna il rapporto Draghi, ce la possiamo giocare: bisogna focalizzare gli sforzi», dice Viola. Il progetto per le cinque gigafactory europee da 20 miliardi sarà un banco di prova: «Spero che uno di questi centri di calcolo arrivi in Italia», chiosa.