11.11.2025

Euro digitale, le banche chiedono un tetto a mille euro e proprie app

  • Il Sole 24 Ore

Se la realizzazione dell’euro digitale, come ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, è diventata una partita politica le possibilità che si aprano varchi per negoziare condizioni che rendano meno onerose o complicate per le banche italiane l’adozione della valuta europea aumentano.

La posizione degli istituti di credito è stata ribadita dai vertici dell’associazione bancaria in occasione del seminario di Firenze: in particolare viene auspicata la coesistenza di un doppio binario, che preveda sia l’utilizzo dell’euro digitale sia una moneta di banca commerciale impiegata dai sistemi di pagamenti integrati europei, come EuroPa ed Epi, che stanno sempre di più puntando verso una convergenza. L’orientamento è stato oggetto di una delibera del comitato esecutivo già lo scorso anno. Adesso, però, che le regole per la messa a terra del progetto devono passare attraverso il Parlamento europeo – dove la settimana scorsa è stata presentata (dal dal relatore del Ppe, Fernando Navarrete) una proposta alternativa all’euro digitale cavalcata dalle banche tedesche – la prospettiva che alcune delle richieste avanzate dagli istituti di credito italiani possa essere accolte non è remota.

Le banche italiane restano a favore dell’euro digitale, ma vorrebbero alcune modifiche al progetto della Bce. In particolare vorrebbero che l’app per gestire le transazioni con la valuta digitale non fosse un’applicazione proprietaria della banca centrale, ma che agli istituti fosse consentito di adottare proprie app, in modo tale da permettere loro di sviluppare propri servizi associati. E ancora: l’auspicio è che il tetto massimo di detenzione dell’euro digitale sia entro i mille euro, quando oggi l’asticella massima indicativa è attorno a 3mila euro. Altro punto caldo è la questione dell’offline: la possibilità di assicurare le transazioni anche quando non c’è rete o elettricità non è una sfida da poco.

Le alternative al vaglio prevedono di avvalersi di carte con microchip, che però richiedono all’utente di portare con sé anche un apparecchio per registrare le operazioni, oppure l’utilizzo dell’hardware degli smartphone. Quest’ultima opzione avrebbe come controindicazione il fatto che le big tech che controllano i telefoni e i loro sistemi operativi potrebbero acquisire capacità di controllo sulle transazioni in euro digitale; inoltre oggi solo il 70% degli smartphone ha la possibilità di abilitare questo servizio. È il motivo per cui le banche italiane auspicherebbero che l’introduzione della modalità offline fosse rinviata nel tempo.

Tornando alla possibilità di consentire un doppio binario, euro digitale e sistemi di pagamento delle banche, gli istituti di credito vorrebbero che l’euro digitale potesse utilizzare gli stessi standard della rete di accettazione che oggi vengono impiegati dalle soluzioni private, allo scopo di ridurre i costi sia per le banche che per gli esercenti. L’analisi d’impatto fatta da Abi nel 2024 ha restituito un dato, considerato parziale e preventivo, di 880 milioni per gli investimenti necessari che non include però i costi di accettazione alla rete del punto vendita (i costi di acquiring), di adeguamento degli Atm e nemmeno i costi offline, perché queste componenti non sono ancora completate nel disegno della Bce.

Se è vero che i costi per realizzare l’infrastruttura che supporterà l’euro digitale saranno a carico della banca centrale, è anche vero che per le banche il processamento di grandi quantità di transazioni comporta oneri. Il presidente dell’Abi sarà nei prossimi giorni a Bruxelles per seguire da vicino il dibattito politico sulle regole che scriveranno come funzionerà la valuta digitale.