Sul feticcio del Green deal si sta consumando una delle battaglie più agguerrite dell’Ue. Ieri infatti il consiglio dei ministri Ue dell’Ambiente è rimasto in stallo nel tentativo di trovare un accordo su come riformare gli obiettivi climatici. L’intesa punta tutto sulla riduzione del 90 per cento delle emissioni entro il 2040. Ma con tanti malumori. Anche se l’approssimarsi del vertice Cop30 in Brasile ha spinto l’Unione a trovare una via comune per non presentarsi
divisi davanti ai leader di tutto il mondo. Va tenuto presente che pure l’Onu ha fatto sapere in queste ore che il globo si avvia con decisione verso un surriscaldamento che supererà di gran lunga l’obiettivo di 1,5 gradi fissato dalla Conferenza di Parigi.
L’importanza di siglare un patto in grado di convincere tutti era stato sottolineato all’inizio della riunione dal commissario al Clima, l’olandese Wopke Hoekstra: «Bisogna collegare l’azione per il clima con la competitività e l’abilità industriale, se vogliamo, e l’indipendenza, che sarà la parola d’ordine negli anni che ci aspettano». E poi ha aggiunto: «Ci vogliono 27 persone per ballare il tango». Un modo per ricordare che per introdurre questa tappa intermedia verso la neutralità climatica nel 2050 serve una maggioranza qualificata di 15 Stati membri che rappresentano almeno il 65 per cento dei cittadini europei. Ma l’iniziale contrarietà di Italia e Polonia allontanava questo traguardo.
Il caposaldo dunque resta la soglia del 90 per cento nei prossimi 15 anni. Il nodo riguardava come raggiungere la meta.
Con quale flessibilità. Con Germania e Spagna più decise a mantenere i precedenti target. Per consentire più elasticità gli strumenti sono due: introdurre delle verifiche biennali e ricorrere ai cosiddetti crediti internazionali di carbonio, progetti di alta qualità ambientale realizzati in Paesi extra Ue e che consentono di alzare i tassi di inquinamento. Sono sostanzialmente dei bonus per poter inquinare un po’ di più. La proposta della Danimarca, presidente di turno dell’Ue, consisteva nell’introduzione di questi crediti per una quota del 3 per cento. Varsavia ha chiesto di salire al 10, Roma e Parigi al 5. «Nonostante significativi passi in avanti — diceva ieri pomeriggio il ministro italiano dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin — non siamo ancora al punto di equilibrio». L’Italia insiste anche sulla possibilità di utilizzare anche i biocarburanti per le automobili.
Una situazione che ha costretto la presidenza danese a formulare in extremis un’ultima proposta di mediazione con i crediti di carbonio proprio al 5 per cento. Durante la notte un altro punto di mediazione è stato aggiunto: il rinvio di un anno — dal 2027 al 2028 — del nuovo sistema di scambio delle quote di emissione Ets.
Di certo alla Cop30 la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, non vuole arrivare senza “pacchetto” europeo pronto all’uso. Ma un accordo complessivo non è così facile da adottare.