Spunta un nuovo satellite nella galassia dell’Eni. Accanto alle sorelle Azule, Vår, Ithaca e alle green Enilive (mobilità sostenibile), Plenitude (rinnovabili) e alla joint venture con Gip (BlackRock) dedicata alla cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio, attesa a breve. Ieri il gruppo energetico ha siglato un accordo vincolante con Petronas per la costituzione di una società indipendente, controllata 50-50 dai due colossi e dedicata all’estrazione e alla produzione di gas nel sudest asiatico. L’italiana confluirà 7 asset upstream in Indonesia e la partner 12 divisi tra Indonesia e Malesia. Ogni sito è controllata da una società, che a sua volta rientrerà nel perimetro della newco. L’idea è di mantenere così una governance leggera e flessibile, evitando discontinuità e impatti sull’occupazione.
Dai suoi azionisti, la newco (ancora senza nome) riceverà in dote una base produttiva iniziale di oltre 300 mila barili di olio equivalente (boe) al giorno, che intende accrescere nel medio termine fino a superare quota 500 mila.
Cifra non distante dai 571 prodotti da Repsol a livello mondiale. Sotto il profilo finanziario, sarà indipendente da Eni e Petronas e potrà contare su un piano di investimenti quinquennale da oltre 15 miliardi di dollari, volto a sviluppare
almeno otto nuovi progetti e avviare la perforazione di 15 pozzi esplorativi. I fondi dovrebbero bastare a mettere in produzione circa tre miliardi di barili di riserve già scoperte e valorizzare un potenziale esplorativo stimato in circa
dieci miliardi di boe a basso rischio. Altri capitali potrebbero fluire presto da un nuovo socio di minoranza: la joint venture sta già valutando di accogliere altri partner – nel proprio capitale o a livello di asset – a partire dalla
compagnia di Stato indonesiana Pertamina, con cui Eni e Petronas già collaborano.
In quest’accordo la geografia è rilevante: il sudest asiatico si sta affermando come potenza manifatturiera globale, sempre più assetata di energia e gas, da sostituire al più inquinante carbone. Eni intende presidiare il mercato, convinta che il metano resterà centrale ancora a lungo. Intervenuto a un convegno ad Abu Dhabi, l’ad Claudio Descalzi ha definito la diversificazione energetica, di fonti come di fornitori, «assolutamente cruciale» per non finire «sotto scacco o schiavi di un unico soggetto». Parole che ricordano la Russia e la fatica con cui l’Europa tenta di interrompere le forniture. Ma non solo: sempre ieri il Qatar è tornato a minacciare di sospendere le esportazioni di gas naturale liquefatto se Bruxelles non ammorbidirà la propria politica ambientale. Un ricatto che vale il 4,3% dell’import di metano del continente, ma oltre il 10% considerando solo il Gnl. Descalzi strizza l’occhio al ministro: «Credo abbia detto chiaramente che con la direttiva l’Ue crei una barriera all’export, perfino peggiore dei dazi».