È l’ora della verità per la manovra. Appuntamento domani pomeriggio a Palazzo Chigi, dove la premier Giorgia Meloni riunirà i suoi vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini, insieme al leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, e al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Un vertice ai massimi livelli per provare a trovare una sintesi sulle questioni che dividono la maggioranza, con la Lega che spinge per portare a casa la rottamazione delle cartelle e un blocco
generalizzato dell’aumento dei requisiti per la pensione, misure che costano parecchio e soprattutto non del tutto gradite agli alleati.
In vista della riunione spuntano nuove misure. «Compatibilmente con le risorse a disposizione stiamo valutando l’innalzamento della soglia esentasse dei buoni pasto da 8 fino a un massimo di 10 euro», annuncia il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, a Repubblica. Si lavora anche a un nuovo intervento sui fringe benefit.
Prende forma anche l’assetto della misura “regina” della legge di bilancio: la riduzione dell’Irpef dal 35% al 33% per i redditi tra 28 e 50 mila euro garantirà «un beneficio fiscale massimo di 440 euro», spiega Leo. Allo studio una sterilizzazione dello sconto per i redditi alti (la soglia è ancora da fissare) attraverso un annullamento delle detrazioni per un valore pari a 440 euro. Il vertice dovrà anche sciogliere questo nodo, come quello della rottamazione.
«Bisognerà fare delle scelte, ma è chiaro che una rateizzazione a 96 rate (la proposta della Lega ndr) per i debiti modesti non è conveniente», mette a verbale il vice di Giancarlo Giorgetti al Mef.
Altra grana in casa Lega: le pensioni. L’ipotesi di fermare i tre mesi in più nei requisiti che scattano dal primo gennaio 2027 solo a chi ha almeno 64 anni a conti fatti sarebbe un boomerang politico. Con un duplice effetto: bloccare solo l’aumento dell’età a 67 anni, non quello dei contributi che salirebbero a 43 anni e 1 mese (un anno in meno per le donne). Porre un vincolo anagrafico, oggi inesistente, significa colpire quasi tutte le pensioni anticipate, visto che il 90% di quanti scelgono l’ex pensione di anzianità ha iniziato a lavorare molto presto e ha meno di 64 anni: 204 mila su 224 mila nel 2024. Ecco perché spira bufera nel Carroccio. Una soluzione di questo tipo, veicolata dai tecnici al lavoro sulla manovra (si risparmierebbe 1 miliardo sui 3 di costo all’anno dello stop per tutti), rischia di far passare il partito di Matteo Salvini per quello che prometteva di abolire la Fornero e introdurre Quota 41.
Per poi finire con Quota 43. Un vero testacoda. Il sottosegretario Durigon non a caso continua a ripetere: «Zero aumenti per tutti».