Per molti anni, in base alla circolare 27/E/2012 gli uffici delle Entrate, nel liquidare l’imposta di registro relativa al provvedimento di omologazione del concordato (preventivo o fallimentare) con assuntore hanno ritenuto applicabile il comma 2 dell’articolo 21 del Dpr 131/1986 (Tur), in base al quale «se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa». Ci riferiamo al concordato con l’intervento di un soggetto che – a fronte dell’acquisizione di taluni o tutti i beni dell’impresa concordataria – si assume l’obbligo di pagare ai creditori le somme a questi dovute in base alla proposta di concordato. Perciò gli uffici hanno sottoposto a imposizione non il valore del bene trasferito all’assuntore per effetto del concordato, bensì quello del debito oggetto di accollo, in tutti i casi in cui – applicando all’ammontare di quest’ultimo l’aliquota del 3% – l’imposta dovuta sia risultata maggiore di quella discendente dalla tassazione del trasferimento del bene con l’aliquota a questo relativa.
Con l’interpello 13/2025 l’Agenzia ha tuttavia preso atto del diverso indirizzo statuito dalla Corte di cassazione, secondo cui il comma 2 del citato articolo 21 non trovava applicazione, e ha modificato il proprio orientamento, affermando che il provvedimento di omologazione di un concordato con assuntore, anche se prevede un accollo di debiti, deve essere tassato applicando l’imposta di registro sul valore del bene trasferito e non su quello dei debiti accollati.
Il trasferimento d’azienda
Gli uffici periferici delle Entrate ne hanno preso atto, ma, non ne hanno tratto le dovute conseguenze con riferimento al caso in cui all’assuntore viene trasferita un’azienda. Infatti, ritengono che in questa circostanza l’imposta debba essere applicata al valore degli elementi attivi che costituiscono l’azienda, senza considerare quelli passivi che del pari ne fanno parte, sull’errato presupposto che il trasferimento dell’azienda generi, da un lato, il trasferimento degli elementi attivi che la compongono, e, dall’altro, un accollo dei debiti che sono parte della stessa azienda.
Com’è noto, l’azienda è invece un complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa: non è quindi costituita da un singolo bene (per il pagamento del corrispettivo del quale chi lo acquisisce può accollarsi un debito del cedente), ma da elementi attivi e passivi tra loro coordinati e collegati per l’esercizio dell’impresa.
Pertanto, il suo trasferimento dà luogo a un unico negozio giuridico e come tale deve essere considerato ai fini dell’imposta di registro, perché è la totalità dei fattori che formano l’azienda (espressa in termini quantitativi dalla differenza tra il valore dell’attivo e quello del passivo) a costituire la capacità contributiva espressa da tale trasferimento. Occorre quindi individuare la base imponibile su cui applicare l’imposta di registro nel valore netto dell’azienda, sottraendo all’importo degli elementi attivi che la compongono quello dei correlativi elementi passivi: è evidente che il trasferimento di un’azienda che ha un attivo di 100 e nessun debito, valendo dunque 100, non esprime la medesima capacità contributiva di quello che ha a oggetto un’azienda, che, pur avendo il medesimo attivo di 100, ha anche debiti per 90, e vale quindi solo 10.
Quando scatta l’accollo
Inoltre, in base all’articolo 1273 del Codice civile, l’accollo è costituito dall’atto con cui un terzo (che nel caso di cui trattasi sarebbe l’assuntore) conviene con il debitore l’assunzione del debito di quest’ultimo. Pertanto, sussiste un accollo se il terzo Tizio, acquisendo ad esempio un immobile di Caio che ha un debito verso il creditore Sempronio, acquisendo l’immobile da Caio, assume un debito che quest’ultimo ha nei confronti di Sempronio. Nel caso in cui a essere traferito all’assuntore sia un’azienda non accade nulla di ciò e un accollo sarebbe rinvenibile solo se l’assuntore, oltre a ricevere il bene complesso costituito dall’azienda trasferitagli (composta da attivo e passivo), assumesse anche un debito proprio del soggetto trasferente (e non dell’azienda trasferita).