Che sia la start up (o ex start up) più importante al mondo, c’erano pochi dubbi. Adesso è anche quella a maggior capitalizzazione. OpenAI, società californiana che sviluppa il famoso chatbot intelligente ChatGPT, vale oggi 500 miliardi di dollari. OpenAI è diventata la start up privata più preziosa al mondo.
Il gioiello tecnologico fondato e guidato da Sam Altman ha raggiunto questa valutazione in seguito a una maxi-operazione sul mercato secondario che ha visto dipendenti ed ex dipendenti cedere azioni per un controvalore complessivo di circa 6,6 miliardi di dollari.
Secondo quanto riferisce l’agenzia Reuters, a guidare l’acquisto di queste azioni sono stati grandi investitori internazionali come SoftBank, Thrive Capital, Dragoneer, MGX di Abu Dhabi e T. Rowe Price. Tutti (o quasi) già presenti nel grande puzzle di investitori che è ormai dietro a OpenAI.
Ma al di là dei nomi, la nuova valutazione è nei fatti un balzo di valore è impressionante, se si considera l’età dell’azienda. Fondata nel novembre del 2015 (quasi 10 anni fa), OpenAI è nata ed è rimasta per anni una no profit company, cioè senza scopo di lucro. Ed è solo da tre anni (era fine 2022) che si è fatta largo nel grande mondo del tech americano, grazie all’esplosione dell’intelligenza artificiale e alle performance di ChatGPT.
Ma il balzo è notevole anche se rapportato a pochi mesi fa, quando la valutazione della società di Altman era stimata attorno ai 300 miliardi di dollari. Certo, già in occasione dei quell valutazione (arrivata con un round da 40 miliardi guidato da SoftBank), la posizione di OpenAI tra le società più corteggiate dai capitali globali era chiara.
Ma con la nuova cifra, 500 miliardi di dollari, OpenAI supera SpaceX di Elon Musk (che si era attestata sui 400 miliardi), conquistando così il primato assoluto tra le private company.
Ma questo è uno strano intreccio del destino. Perché la storia fra OpenAI e Elon Musk è densa di accadimenti. A partire dal fatto che Musk è il co-fondatore dell’azienda, poi fuoriuscito per divergenze di vedute con il modello di business. Da allora, e soprattutto da quando OpenAI è diventata il fiore all’occhiello, Musk e Altman sono nemici dichiarati. E che OpenAI raggiunga i 500 miliardi di valutazione nello stesso momento in cui il patrimonio di Musk raggiunge la stessa soglia, sembra un disegno piuttosto bizzarro.
Certo, va sottolineato che questa valutazione (di OpenAI) così inusuale per un’azienda privata, non deriva da un’Ipo ma da operazioni interne che riflettono il crescente appetito degli investitori verso il settore dell’intelligenza artificiale.
Non si tratta quindi di una capitalizzazione di mercato come per le aziende quotate, ma a una stima basata sugli scambi di azioni esistenti. Tuttavia, come osserva il Wall Street Journal, il dato si inserisce in un contesto in cui OpenAI sta siglando accordi strategici in Asia e consolidando la propria posizione come attore dominante dell’AI generativa, capace di attrarre capitali e alleanze in ogni parte del mondo.
La crescita vertiginosa di dell’azienda con sede a Mission Bay (San Francisco) riflette il ruolo centrale che la società si è ritagliata nello sviluppo dei modelli di intelligenza artificiale più avanzati (oggi non è inusuale parlare di ChatGPT per definire l’AI, come si faceva con Google per definire la ricerca online). Ma apre anche interrogativi sul fronte della sostenibilità economica e delle sfide regolatorie. I costi di calcolo, energia e ricerca sono enormi, e la pressione a trasformare in ricavi concreti una valutazione tanto elevata sarà inevitabile.
Per ora la corsa non si ferma: i 500 miliardi di dollari segnano una tappa storica che ridisegna gli equilibri nella corsa globale all’AI.