Nel fortino di Mediobanca si respira ormai da giorni l’aria della sconfitta. La maggioranza del 42% che si è palesata il 21 agosto scorso in assemblea ora assolve il suo impegno e consegna le azioni all’Ops del Monte, come previsto. Il segnale che tutti aspettavano, per giustificare meglio quest’ultima mossa, è il rilancio da parte della banca guidata da Luigi Lovaglio. «Un rilancino», lo definiscono fonti vicine a Piazzetta Cuccia, tale da non spostare il giudizio degli assaliti, che domani in cda definiranno ancora una volta l’Ops ostile. I titoli in Borsa si stanno riallineando, ma verso il basso, segno che anche i grandi investitori che finora non hanno mai mollato Alberto Nagel si stanno convincendo che non c’è alternativa alla consegna dei titoli. Lovaglio non ha neanche legato il rilancio al raggiungimento del 51%, fanno notare, segno che l’obbiettivo era portare a casa il controllo a qualsiasi costo: le sinergie e l’utilizzo dei crediti fiscali vengono in secondo piano.
Anzi, a questo punto, con questo rilancio, sembra che l’obbiettivo non sia più quello di fondere Mediobanca dentro Mps, ma di mantenere le due banche distinte e quotate. Ipotesi che non piace alla Bce, anche perché non permetterebbe di avere una tesoreria comune o di spostare società da un gruppo sotto il cappello dell’altro. Per Lovaglio la priorità, appena dopo l’intestazione delle azioni, il 29 di settembre, sarà quella di definire un nuovo organigramma per Mediobanca, depositare le liste e convocare l’assemblea. Un processo che con un risultato superiore al 51% non dovrebbe trovare ostacoli in Piazzetta Cuccia, laroad map sarà tracciata assieme al vicepresidente indipendente Vittorio Pignatti Morano. Il cda rimetterà le deleghe in concomitanza con l’assemblea, che potrebbe slittare anche di qualche giorno rispetto al 28 ottobre, data simbolica scelta dal fondatore (e esponente del Partito d’Azione) Enrico Cuccia in contrapposizione alla marcia su Roma.
La seconda priorità, non meno impellente, per Lovaglio sarà quella di fornire messaggi rassicuranti ai 6.700 dipendenti del gruppo Mediobanca. In particolare ai banker del private equity e ai consulenti di Mediobanca Premier, nonché agli specialisti del Cib (corporate and investment banking), che potrebbero essere tentati di levare le tende in presenza di offerte allettanti da parte di gruppi concorrenti. Le prime avvisaglie si sono già viste. Ad aprile scorso è uscito per andare a Fideuram il banker Gianluca Piacenti, portandosi via un portafoglio da 1,5 miliardi, fatto che è stato segnalato anche nei conti Mediobanca di fine giugno. E durante l’estate irumor di altre trattative di peso hanno continuato a circolare, come se ci fosse un’Opa nell’Opa. In alcuni casi si tratta di concorrenza sleale e con i promotori si va in giudizio in tempi molto brevi, due mesi, ma le multe sono poca cosa rispetto alle potenziali commissioni.Il cda di Mediobanca ha inoltre approvato una delibera secondo cui, in caso di offerta ostile e cambio del controllo, ai banker e ai consulenti si consente di monetizzare subito tutti i bonus e lestock option maturate fino a questo momento. Con questa garanzia in saccoccia, i gestori dei portafogli possono aprirsi a nuove possibilità sapendo che le grandi banche offrono anche il 2-3% sulle masse che vengono trasferite. Un’opportunità senza precedenti per arricchirsi. Lovaglio dovrà dare rassicurazioni alle figure chiave di Mediobanca sulle future remunerazioni per cercare di trattenere le risorse strategiche della banca.
In ogni caso serpeggia preoccupazione nelle seconde e terze file di Piazzetta Cuccia e cominciano ad affiorare recriminazioni sulla gestione passata della banca e su cosa si è fatto o non si è fatto per evitare questo epilogo. C’è chi sostiene che due anni fa, quando si discuteva la lista del cda con Delfin, è stato un errore non concedere la presidenza al socio che contava per il 20% del capitale. Oppure c’è chi sostiene che si è indugiato troppo nell’affondare il colpo su Banca Generali, facendolo quando ormai era scattata lapassivity rule.