03.09.2025 Icon

La Cassazione sulla decorrenza della prescrizione per vizi dell’opera

Con la recente ordinanza n. 22.649 del 5 agosto 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di appalto privato, affrontando il tema della decorrenza del termine di prescrizione biennale dell’azione di garanzia per vizi e difformità dell’opera di cui all’art. 1667 c.c. Secondo la Suprema Corte, in caso di vizi occulti la prescrizione non decorre dalla mera consegna dell’opera, bensì dal momento dell’effettiva scoperta dei vizi, da intendersi come piena conoscenza non solo dell’esistenza del vizio, ma anche della sua dipendenza dalla imperfetta esecuzione del contratto d’appalto.

La vicenda concreta: lastre difettose e ricorso respinto

La fattispecie alla base della pronuncia in esame concerne un privato che aveva affidato ad una società la posa in opera di lastre per la copertura di un fabbricato agricolo. L’opera veniva ultimata e consegnata il 24 agosto 2015. Nel giugno 2016 si verificava il distacco di alcune lastre, fenomeno denunciato dal committente all’appaltatore. Quest’ultimo, tuttavia, opponeva la decorrenza tanto del termine decadenziale (di sessanta giorni) quanto di quello prescrizionale (di due anni), entrambi previsti dall’art. 1667 c.c.. Il committente si rivolgeva dunque al Tribunale di Ancona, chiedendo il risarcimento dei danni per vizi dell’opera. La domanda, tuttavia, veniva rigettata.

La Corte d’Appello di Ancona, nel confermare la decisione di primo grado, osservava che il termine di prescrizione biennale sarebbe decorso dalla data di ultimazione dei lavori, per interrompersi solamente con la presentazione del ricorso per accertamento tecnico preventivo presentato il 26 ottobre 2017. La Corte territoriale rilevava, inoltre, come la committente fosse già a conoscenza dei difetti dal giugno del 2016, tanto da aver dato incarico, in quel periodo, ad un tecnico specializzato al fine di far accertare le cause dei danni subiti.

A fronte di tale decisione, il committente presentava ricorso per cassazione, sostenendo che il dies a quo del termine prescrizionale avrebbe dovuto individuarsi non già nel momento della consegna dell’opera, bensì dal momento di scoperta dei vizi, i quali non erano riconoscibili all’epoca di ultimazione dei lavori.

Il principio affermato dalla Cassazione

La Cassazione, nell’accogliere il ricorso, ha dettato i seguenti principi.

La consegna costituisce un’attività puramente materiale, la quale si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente. L’accettazione, invece, esige che il committente esprima il gradimento dell’opera, seppur anche per facta concludentia. La presunzione di accettazione ex art. 1665, co. 4, c.c., dunque, non opera automaticamente dal momento della consegna e non determina la decorrenza dei termini per far valere la garanzia, dovendo il giudice accertare se il committente abbia voluto semplicemente ottenere la disponibilità materiale dell’opera, con riserva di eseguire ugualmente la verifica in un secondo momento.

L’accettazione, peraltro, libera l’appaltatore esclusivamente in relazione ai vizi palesi e immediatamente riconoscibili dal committente, non invece in relazione ai vizi occulti, i quali devono essere denunciati entro il termine decadenziale previsto dall’art. 1667 c.c.. In relazione a tale tipologia di vizi, la prescrizione del diritto alla garanzia inizia a decorrere dalla scoperta, la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza non solo della loro esistenza, ma anche della loro dipendenza dalla imperfetta esecuzione dell’appalto.

Errore della Corte d’Appello e chiarimenti interpretativi

La decisione della Corte d’Appello, dunque, ha errato, secondo la Suprema Corte, nel far decorrere la prescrizione dell’ultimazione dei lavori senza stabilire se il vizio fosse occulto o palese, nonché nell’affermare la sufficienza, ai fini dell’accertamento della conoscenza dei difetti da parte del committente, del fatto che quest’ultimo avesse incaricato un tecnico per accertarne le cause, senza previamente stabilire se in quel momento fosse già nota o meno l’eziologia dei vizi. Qualora, infatti, il committente fosse venuto a conoscenza del nesso causale tra i vizi e i lavori svolti dall’appaltatore solamente a seguito della relazione tecnica commissionata, il dies a quo avrebbe dovuto essere differito al deposito della relazione stessa.

Autore Francesco Ceolin

Trainee

Milano

f.ceolin@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Diritto Assicurativo ?

Contattaci subito