La delibera con cui il consiglio di amministrazione di una s.r.l. proclama il suo autoscioglimento è nulla poiché contraria alla legge.
Il principio è stato espresso dal Tribunale di Milano, con un’ordinanza emessa lo scorso 22 ottobre 2024, al termine di un giudizio introdotto da un ex amministratore di una s.r.l. al fine di far dichiarare invalida la delibera del consiglio di amministrazione della società con cui era stato proclamato l’autoscioglimento dell’organo amministrativo, con il celato intento di escludere proprio l’amministratore reclamante.
Il Tribunale, esaminato il tenore letterale del verbale contestato e riscontrando la mancanza delle presunte dimissioni asseritamente presentate dagli altri amministratori, ha dichiarato nulla tale delibera, poiché avente contenuto contrario “alle norme di legge”. Nella delibera, infatti, si leggeva chiaramente che il consiglio di amministrazione della società “dichiara[va] sciolto il consiglio” medesimo, senza che alcun riferimento venisse fatto alle dimissioni, la presa d’atto delle quali avrebbe dovuto costituire il primo punto all’ordine del giorno. In altre parole, dalla semplice lettura del verbale appariva lampante che nessun amministratore avesse realmente presentato le proprie dimissioni e che, solamente durante l’adunanza del consiglio di amministrazione, la maggioranza dei consiglieri avesse votato a favore dello scioglimento dell’organo amministrativo.
Conseguentemente, “la delibera del Consiglio di amministrazione non può essere riqualificata come avente ad oggetto le dimissioni di tre dei quattro consiglieri, considerato che le rinunce costituiscono un atto unilaterale” – e recettizio, per il quale è richiesta la forma scritta che costituisce un requisito di perfezionamento delle dimissioni dell’amministratore -“avente natura personale … e non possono formare oggetto di una deliberazione che, al contrario, costituisce espressione della volontà di un organo collegiale”.
In tale contesto, la delibera impugnata veniva dichiarata invalida, poiché avente un oggetto illecito ex art. 2479-ter c.c. ed assunta dunque in violazione delle “disposizioni dirette a presidiare la funzionalità dell’organo gestorio” e volte ad evitare la paralisi dello stesso in caso di cessazione dalla carica di uno o più amministratori.
Proprio in riferimento alla cessazione dalla carica, il Tribunale precisava che il legislatore ha previsto un “sistema chiuso” di cause di cessazione dalla carica di amministratore (la scadenza del termine, la revoca, le dimissioni e la decadenza dall’ufficio), sebbene l’autonomia statutaria abbia la possibilità (limitata) di introdurne di ulteriori (è lecita, ad esempio, la clausola suddetta simul stabunt simul cadent). Per contro, veniva rilevata l’insussistenza di norme che prevedano la possibilità che l’organo amministrativo sia sciolto dai suoi stessi membri e cessi così il suo funzionamento.
La ragione di ciò è facilmente rinvenibile nel fatto al verificarsi di una delle cause di cessazione dalla carica di uno o più membri dell’organo amministrativo, il Codice civile prevede il meccanismo della cd. prorogatio, in forza del quale l’organo uscente resta in carica fino all’effettiva nomina di quello nuovo, così da evitare vuoti di potere e soluzioni di continuità nell’esercizio dell’amministrazione della società.
Diversamente, come evidenziava il Tribunale, “in caso di autoscioglimento dell’intero organo amministrativo, ci si trova dinanzi ad un vuoto normativo sotto il profilo della gestione interinale della società e della prorogatio dei poteri in capo all’organo sciolto, nonché della permanenza in capo [al cessando organo] del potere di convocare l’assemblea dei soci per nominare i nuovi amministratori”, con la conseguenza che una delibera di autoscioglimento appare contra legem nonché “al di fuori del sistema societario delineato dal legislatore” mettendo a repentaglio l’intero sistema codicistico finalizzato a garantire l’operatività costante dell’organo a cui è affidata in via esclusiva la gestione della società e a cui spetta di compiere le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale.
Tribunale di Milano, Sezione Impresa, ordinanza del 22 ottobre 2024.
07.11.2025