Mercati all’ingrosso. Il costo medio mensile in Italia, certificato dal Gme, è stato superiore del 25% a quello della Germania e del 226% rispetto a quello dei Paesi scandinavi. Da inizio 2024 crescita dei prezzi del 44%
Il mese di gennaio si è chiuso con un prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità in Italia di 143 euro al MWh, in crescita rispetto alla media dei mesi precedenti. Un anno fa, a gennaio 2024, la media mensile era di 99 euro al MWh: l’aumento rispetto ad allora è del 44%. La curva si presenta in salita decisa da ottobre, quando – secondo i dati del Gme, il gestore dei mercati energetici – la media mensile si era attestata a 116 euro al MWh, diventati 130 a novembre e 135 a dicembre.
Ieri il prezzo medio, come esito del mercato del giorno prima (il metodo con cui si calcola il valore nella borsa elettrica incrociando domanda e offerta per unità di produzione e unità orarie) si è attestato a 163 euro, portando la media di febbraio finora a 154 euro al MWh, confermando quindi una tendenza che va verso l’alto. In Italia la media dell’intero 2024 ha toccato i 108 euro al MWh, contro i 127 del 2023, i 304 del 2022 e i 125 del 2021. Nel 2020 la media annuale, complice anche la pandemia, era scesa a 39 euro al MWh, mentre nei dieci anni precedenti si era tenuta su valori tra i 42 e i 75 euro (si veda anche il grafico nella pagina a fianco).
Le oscillazioni sono legate al prezzo del gas, che rimane il principale fattore nella formazione del prezzo dell’elettricità a causa del meccanismo del system marginal pricing. E il cui valore continua a crescere (si veda anche il pezzo nella pagina a fianco). In Italia il gas naturale, nonostante rappresenti circa il 40% del mix nella generazione energetica, stabilisce il prezzo dell’elettricità nel 90% delle ore (nell’Ue il gas copre il 20% della produzione e determina il 63% delle ore). Il nostro Paese è al primo posto della classifica europea per numero di ore in cui è il gas a fissare il prezzo.
Allo stesso tempo, confrontando i prezzi dell’elettricità nei principali mercati europei, l’Italia è stabilmente al primo posto anche nella classifica di chi spende di più. Comparando le medie di gennaio 2025, il nostro Paese registra valori all’ingrosso superiori del 25% rispetto a quelli tedeschi, del 40% rispetto a quelli francesi, del 48% rispetto a quelli spagnoli e addirittura del 226% rispetto a quelli della Scandinavia. Un differenziale che è stato una costante negli ultimi 20 anni.
Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’energia, aveva già dato su queste pagine a fine gennaio numeri allarmanti riguardanti le medie del 2024: «Il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso si è attestato sui 108,5 euro MWh in Italia, il 38% in più rispetto alla Germania, che mantiene la produzione a carbone/lignite e può sfruttare l’eolico del mare del Nord; il 72% in più della Spagna, dove sono stati installati impianti rinnovabili utility scale, anche con Power Purchase Agreement; l’87% in più rispetto alla Francia, forte della generazione da fissione nucleare, che esporta anche in Italia». Prezzi che, era la stima, potrebbero avere un impatto di oltre 10 miliardi sulla spesa di famiglie e industria italiana.
Alla luce degli ultimi aumenti, Nomisma Energia calcola per le imprese una spesa in crescita del 28% nel 2025 per le bollette dell’elettricità. Nello specifico, per un’impresa tipo che consuma 1.000.000 di kWh annui la spesa per l’anno in corso è stimata sui 298.480 euro: 65.605 euro in più rispetto al 2024. Per le famiglie Nomisma valuta una spesa annua, per un nucleo tipo con un consumo di 2.700 kWh, di 852 euro: 201 in più rispetto al 2024, + 31%.
Tra le soluzioni messe in campo per arginare le conseguenze del caro elettricità, per le aziende c’è l’Energy release, con prezzi calmierati a 65 euro al MWh per 3 anni a fronte della restituzione in 20 anni dell’energia utilizzata in capacità rinnovabile installata ( manifestazioni d’interesse entro il 3 marzo). Per tutti, si parla da tempo del disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità da quelli del gas. Tutti gli esperimenti di autoconsumo, dalle comunità energetiche rinnovabili al pannello solare sul tetto fino ai già citati Power Purchase Agreement (Ppa) che contrattualizzano sul lungo periodo la fornitura di energia pulita a prezzo fisso, vanno in questa direzione. E anche il futuro decreto Fer X, con l’introduzione del sistema dei contratti per differenza per sostenere lo sviluppo delle rinnovabili, si incanala sullo stesso filone. Senza contare che i nuovi prezzi zonali, in vigore dal 1° gennaio 2025 ma di cui sentiremo gli effetti a partire dall’anno prossimo, premieranno in bolletta proprio i territori con maggiore penetrazione di impianti di energia pulita, che dovrebbero assicurare prezzi più bassi.