Con la decisione in commento il Collegio di Torino ha affrontato la attualissima questione delle c.d. frodi informatiche, escludendo qualsiasi responsabilità in capo alla banca.
In particolare, nel caso di specie, la parte ricorrente ha chiesto che la banca venisse condannata alla restituzione della somma corrispondente all’importo di un’operazione di pagamento asseritamente fraudolenta perfezionata attraverso il c.d. sms spoofing (seguito dalla telefonata del finto operatore, c.d. vishing) che consiste nella manipolazione dei dati relativi al mittente di un messaggio per far sì che esso appaia provenire da un soggetto differente.
Tuttavia, per quanto vittima di un raggiro da parte di terzi, la parte ricorrente ha personalmente disposto l’operazione oggetto del ricorso: seguendo le indicazioni del sedicente operatore, ha aperto la propria app ed ha effettuato il pagamento dell’importo indicato.
In considerazione del fatto che il ricorrente ha ammesso di aver personalmente dato il consenso all’esecuzione dell’operazione, per quanto sotto la pressione truffaldina, il Collegio ha ritenuto “che non dovrebbe qui porsi la questione circa la prova dell’autenticazione dell’operazione contestata (che peraltro, dalle evidenze documentali versate in atti, risulterebbe comunque effettuata in modo conforme a quanto normativamente richiesto in relazione all’autenticazione forte del cliente).”
Dunque, secondo il Collegio “l’esistenza del consenso del pagatore al compimento di operazioni on line poi disconosciute esclude che possa venire in rilievo quanto disposto dal d.lgs. 11/2010 con riguardo alle conseguenze sul piano giuridico del difetto di autorizzazione”.
Sulla base di queste argomentazioni, il Collegio ha, quindi, rigettato la richiesta di rimborso dell’operazione contestata.