Con la recente sentenza n. 34156/2023 la Corte di Cassazione ha affrontato vari temi afferenti all’ambito della malpractice sanitaria, tra cui le condizioni ed i limiti al ricorrere dei quali la struttura sanitaria può rivalersi integralmente sul singolo medico curante per quanto pagato al paziente.
La fattispecie alla base della pronuncia riguarda una paziente sottoposta ad un delicato intervento chirurgico seguito da numerose complicazioni, la quale citava in giudizio le strutture sanitarie (ASL e Casa di Cura) ed il medico curante per ottenere il risarcimento dei danni, contestando, in particolare, la scorretta esecuzione dell’intervento chirurgico, nonché l’inadeguatezza dei servizi di logistica e di supporto assistenziale della struttura nella quale era ricoverata. L’ASL si difendeva e proponeva, in subordine, domanda di rivalsa nei confronti del medico e della Casa di Cura.
L’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del singolo medico è regolata dall’art. 9 della L. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), il quale ne stabilisce le condizioni di esperibilità. Tra queste rientrano: (a) la colpa grave del medico, (b) il pagamento integrale del risarcimento danni al paziente da parte della struttura (c) l’insussistenza di situazioni di fatto di particolare difficoltà.
Occorre chiedersi, tuttavia, se la struttura sanitaria, nel caso in cui l’evento dannoso sia addebitabile esclusivamente al medico, possa o meno esercitare una rivalsa nei confronti del sanitario per l’intera somma pagata al paziente danneggiato.
Sul punto la Corte, a conferma dei suoi precedenti (cfr. Cass. n. 28987/2019) chiarisce come, nel rapporto interno tra struttura sanitaria e medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo dev’essere di regola ripartita in misura paritaria (50%), secondo il criterio presuntivo dell’art. 1298 co. 2 c.c. e dell’art. 2055 co. 3 c.c.. Al fine di superare tale assetto interno, non basta ritenere che l’inadempimento sia ascrivibile in via esclusiva al medico, ma occorre che la struttura dimostri: (a) un’eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile ed oggettivamente improbabile devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione, nonché (b) il difetto di correlate trascuratezze nell’adempimento del contratto di spedalità da parte della struttura.
Si tratta chiaramente di un onere della prova particolarmente difficile da superare per la struttura sanitaria, la quale, in assenza di una condotta del medico “del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità”, dovrà limitare la propria rivalsa alla minor misura del 50%, e ciò anche nel caso in cui la responsabilità per il danno causato sia imputabile in via esclusiva al sanitario.