Almeno un terzo delle opere pubbliche del Pnrr viaggia in ritardo. E nel tempo la platea dei cantieri in affanno rischia di rivelarsi anche più ampia. Suona così il dato chiave che si desume dal focus dedicato da Bankitalia agli appalti e all’attivazione dei cantieri del Piano nazionale di ripresa e resilienza, contenuto nel nuovo Rapporto sulle economie regionali che Via Nazionale presenterà domani.
Le lenti degli analisti della Banca centrale si sono concentrate in questo caso sul filone cruciale del Pnrr, quello dedicato ai lavori pubblici chiamati a offrire l’eredità strutturale più immediatamente percepibile del Recovery e anche il tratto più immediato di un effetto sulla crescita, che infatti tarda a manifestarsi. La centralità di questo capitolo è sintetizzata anche nei suoi numeri: in base ai dati di Italia Domani, il portale governativo sul Piano, i progetti finanziati dalle risorse del debito comune europeo e gestiti da soggetti attuatori pubblici valgono in tutto 113 miliardi, cioè poco più del 58% del Piano (il resto va ai privati sotto forma di crediti d’imposta, al Repower e ad altri interventi non ancora assegnati).
Il dato, elaborato a partire da luglio scorso, può essere in qualche misura “sporcato” da una quota delle misure definanziate con la rimodulazione di fine 2023 e non ancora del tutto escluse dal censimento di Italia Domani, ma gli ordini di grandezza sono quelli. Circa l’80% degli interventi, per un valore quindi di 91 miliardi, passano attraverso una gara d’appalto, e in particolare su questi Bankitalia punta la propria attenzione. Tra le misure a gestione pubblica vanno senza gara quelli legati a borse di studio, progetti di ricerca, servizio civile e iniziative di formazione.
Il primo passo dell’indagine mostra che ad agosto 2024 i bandi Pnrr pubblicati e censiti da Italia Domani e dal database Anac sono stati 173mila, e hanno cumulato un importo totale da 61 miliardi di euro. Un terzo delle opere, 30 miliardi su 91, deve quindi ancora sfociare nella gara. I dati non sono confrontabili direttamente con quelli dell’ultima Relazione governativa sul Pnrr, che a fine luglio per il complesso delle misure caratterizzato da procedure di affidamento indicava un tasso di attivazione del 92%, perché quest’ultima analisi abbraccia un panorama più vasto dei soli appalti pubblici esaminati da Bankitalia. Ma la questione è un’altra, e arriva subito dopo.
La tappa successiva dell’indagine Bankitalia punta, infatti, a fotografare lo stato dell’arte dei cantieri relativi alle gare già aggiudicate, che sono il 70% del totale e valgono nel complesso 32 miliardi di euro (il tempo medio degli interventi più piccoli è ovviamente minore). Ecco, allora, la percentuale più importante: soltanto il 15% dei cantieri si è già chiuso, mentre un altro 32% è in corso ma procede «spesso con ampi ritardi rispetto ai tempi stimati», come si legge nel Rapporto. Ancora più fitte, poi, sono le incognite sull’altro 53% delle opere, che risultano proprio «non avviate».
I numeri sembrano, insomma, delineare un rallentamento diffuso, almeno rispetto alle ambizioni iniziali, proprio sul terreno più sostanziale, quello della realizzazione effettiva degli interventi. E lo fanno sulla base dei dati che incrociano nel tempo più reale possibile il concreto svilupparsi dei lavori. Perché le cifre non sono calcolate sulla base del ReGis, il censimento telematico del ministero dell’Economia sul Pnrr, spesso accusato di lentezza e incompletezza negli aggiornamenti puntuali, ma nascono dalle rilevazioni della Commissione nazionale paritetica delle casse edili (Cnce Edilconnect), a cui dal 1° novembre 2021 le imprese devono comunicare la denuncia di inizio attività, corredata dal codice identificativo di gara (Cig) quando il cantiere riguarda contratti di opere pubbliche.
Ad aprire le porte a questo tipo di esame è stato un protocollo d’intesa con l’Associazione nazionale dei costruttori (Ance), molto interessata all’utilizzo di queste informazioni proprio per valutare in fretta lo stato di avanzamento dei lavori, misurabile dal rapporto tra i costi della manodopera già sostenuti e quelli previsti dal programma di spesa. E l’allarme non ci ha messo molto a suonare.
Sul piano territoriale il panorama è variegato, con indicatori mediamente più brillanti al Nord sia per i bandi avviati (78% nel Nord-Est, ma nel Nord-Ovest si scende al 61%) sia per i cantieri aperti (50%, contro il 45% del Centro e del Sud), ma le distanze più marcate riguardano in particolare gli interventi gestiti dalle Regioni e relativi soprattutto alla Salute (Missione 6), dove l’aggiudicazione dei bandi arriva al 70% al Nord, scende al 64% al Centro e si ferma al 50% al Sud.