Con la recentissima sentenza in commento il Tribunale di Milano nel ribadire l’inapplicabilità alle fideiussioni specifiche del provvedimento di Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, ha affermato che “l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava sulla parte che ha eccepito la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust.”
In particolare, il giudice, premesso che la fideiussione oggetto di causa, stipulata in data 18.4.2011, non era una fideiussione omnibus, ma una fideiussione specifica relativa a due aperture di credito, ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità della stessa, atteso che lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia era stato predisposto dall’Associazione bancaria italiana nel corso dell’anno 2003 e riguardava unicamente le fideiussioni omnibus rilasciate a garanzia di operazioni bancarie.
Dunque, essendo quella in esame una fideiussione specifica, secondo il Tribunale, la stessa fuoriusciva dal perimetro dell’accertamento della Banca d’Italia in data 2 maggio 2005, che era relativo soltanto alle fideiussioni omnibus.
Pertanto, “in assenza di un provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’autorità di vigilanza competente (ora l’AGCM) nei confronti della banca convenuta o di altro istituto di credito, che abbia accertato l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art.2 comma 2 lett. a) della L. n.287/1990, relativa alla formulazione uniforme dei contratti di fideiussione contenenti le tre clausole (artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme ABI), l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava sulla parte che ha eccepito la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust.”
Ciò in quanto la vicenda contrattuale che ha interessato gli attori ha dato origine a un giudizio c.d. stand alone, nel quale l’attore, chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non avrebbe potuto giovarsi – come nelle c.d. follow on actions – dell’accertamento dell’intesa illecita contenuto in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, e ciò perché un simile accertamento o manca del tutto o c’è, ma riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale che avrebbe leso la sfera giuridica dell’attore (in tal senso, Trib. Milano, Sez. Impresa, 17 ottobre 2022 n. 8031; nel medesimo senso, già Trib. Milano, Sezione Impresa, 28 settembre 2020 n. 5751).
L’inquadramento della controversia tra le cause stand alone comportava, dunque, che gli attori erano onerati dell’allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientrava la prova dell’esistenza o, comunque, del permanere di un’intesa illecita all’epoca della sottoscrizione della fideiussione.
Il Tribunale ha, quindi, ritenuto che parte opponente non avesse adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico, “atteso che – come ritenuto condivisibilmente dal Supremo Collegio (v. Cass. n. 30818/18 e Cass. S.U. n. 13846/19, richiamata da Cass. S.U. n. 41994/21) – compete all’attore che deduca un’intesa restrittiva provare il carattere uniforme della clausola che si assume essere oggetto dell’intesa, elemento costitutivo, essendo la sua necessità pacificamente prevista nel provvedimento della Banca d’Italia. Non è invero sufficiente la mera conformità tra le clausole; gli attori non hanno neppure prodotto il modello standard diffuso dall’ABI per verificare la conformità della fideiussione de qua. Peraltro, la fideiussione oggetto di causa è stata stipulata in data 18.4.2011 ed è quindi posteriore di ben sei anni al provvedimento dell’Autorità Antitrust.”
A tal fine, il giudice non ha considerato sufficiente il richiesto ordine ex art. 210 c.p.c. limitato all’acquisizione di moduli standard di soli cinque istituti di credito, poiché la richiesta di esibizione del modulo standard per le fideiussioni omnibus deve essere relativa a quello utilizzato da un campione significativo di banche presenti in ampia parte dell’intero territorio nazionale in epoca coeva a quella della stipulazione della garanzia per cui è causa.
Alla luce di ciò, il giudice è giunto alla conclusione che “tenuto conto che l’ABI a seguito del provvedimento sanzionatorio ha modificato il modulo standard, la mera conformità di moduli acquisti relativi a fideiussione specifiche coeva a quella oggetto di causa di per sé solo non significa che risulti provata in modo certo la permanenza dell’illiceità, potendo gli istituti di credito continuare ad utilizzarlo per negligenza o per altri motivi.”
Sulla base di queste argomentazioni, non avendo gli attori dato prova dell’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca di sottoscrizione della fideiussione, il Tribunale ha, quindi, ritenuto infondata la doglianza relativa alla nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust.