07.02.2024

Ddl Capitali, via libera alle norme Penalizzate le liste del consiglio

  • Il Corriere della Sera

Il disegno di legge sulla competitività dei capitali ottiene il via libera alla Camera. Con la votazione di ieri a Montecitorio la maggioranza approva il cosidetto ddl Capitali, il provvedimento voluto dal governo e predisposto dal ministero dell’Economia, con l’obiettivo di stimolare la crescita finanziaria attraverso norme di semplificazione e di agevolazione per le società che si apprestano al collocamento in Borsa o all’emissione di obbligazioni. Un pacchetto di regole, insomma, che dovrebbe contribuire ad attrarre risorse verso Piazza Affari, facilitando l’accesso ai capitali da parte delle piccole e medie imprese.

Il testo approvato nelle ultime ore a Montecitorio è identico (tranne una modifica sulle coperture) a quello votato lo scorso autunno al Senato, un provvedimento che ha alimentato perplessità tra commentatori e operatori finanziari (compresa Assogestioni). In particolare, nei mesi scorsi i partiti di maggioranza hanno rivisto la norma sulle liste dei candidati per il rinnovo dei consigli di amministrazione: in caso di vittoria della lista del cda uscente, è previsto che in assemblea si tenga una seconda votazione sui singoli nominativi, a cui partecipino tutti gli azionisti, compresi quelli che hanno presentato liste alternative o di minoranza. L’articolo 12 che disciplina il rinnovo dei board prevede, inoltre, che il cda presenti una lista con un numero di candidati superiore di un terzo ai posti previsti, che se la lista di minoranza raccoglie meno del 20 dei voti concorre alla ripartizione dei posti in cda in proporzione ai voti ottenuti in assemblea, che se ha preso più del 20%, ma non i 2/3, i posti si distribuiscono proporzionalmente al voto raccolto insieme alle altre liste che hanno ottenuto più del 3%. Il timore è che le minoranze adottino comportamenti opportunistici o di «veto» su alcuni nomi, riuscendo ad aggregare pacchetti di voti contro o a favore di una singola nomina, generando così condizioni di ingovernabilità nelle imprese. Il nuovo testo potrebbe favorire, dunque, le minoranze. Un’altra modifica è quella al voto maggiorato già previsto nel Tuf (Testo unico delle finanza), attribuendo dieci voti, anziché due, al socio che detiene le azioni per un lungo periodo (10 anni). A trarne vantaggio sono i soci di controllo di lungo termine, mentre sono penalizzati gli investitori a breve. Un quadro complessivo che ha generato più di una pressione affinché il governo intervenisse per mitigare gli effetti delle novità del ddl. L’esecutivo ha escluso modifiche, tanto che il provvedimento blindato ha incassato 135 voti a favore a fronte di 92 astensioni delle opposizioni. Il testo ora passa al Senato in terza lettura proprio a causa dell’emendamento che modifica una copertura di 200 mila euro relativa al 2023.