16.03.2015

“Corruzione, disservizi e rincari” i sindacati internazionali bocciano le privatizzazioni

  • La Repubblica

Maggiori costi, minore efficienza, rischio di sviluppare processi di corruzione, riduzione dell’occupazione e, a conti fatti, nemmeno vantaggi rilevanti per il consumatore. La Public services international, la federazione sindacale che raggruppa 669 sigle (per l’Italia Cgil-Cisl-Uil), 20 milioni di lavoratori dei servizi pubblici in 150 Paesi, scende in campo contro il processo di privatizzazione di energia, acqua, ferrovie e sanità. Promette di dare battaglia nel ring planetario dominato dai report dell’Fmi, di Bruxelles, della World Bank, dell’Ocse e di molti think tank appartenenti al mondo delle banche e della finanza.

Lo studio messo a punto dall’associazione sindacale, che sarà diffuso domani con il titolo “Why public-private partnership don’t work”, giudica negativamente l’esperienza della privatizzazione dei servizi e dell’affidamento in concessione ai privati che si è affermata in Europa e propone senza mezzi termini un ritorno al pubblico. Lo studio, dettagliato, non oppone un veto ideologico al processo di privatizzazione in corso in Europa ma lo contesta con le armi dei bilanci e dei risultati economici. Argomenti che entrano a pieno titolo nel dibattito europeo dove, dalla Spagna alla Grecia e all’Italia, cresce l’attività delle forze politiche che contestano l’impostazione tradizionale. «Una potente lobby influenza i governi per trarre profitto dai servizi pubblici», osserva Rosa Pavanelli, segretario generale di Public services international.
Il fenomeno della privatizzazione dei servizi pubblici ha segnato con forza gli ultimi anni: nell’intero pianeta dal 1985 al 2009 è stata affidata ai privati la gestione o la proprietà di 1.747 aziende per un valore di 644,8 miliardi di dollari. In Europa sono 642 le aziende di servizi, dalle strade, alle ferrovie, all’acqua, alla sanità, uscite dalla sfera pubblica. La crisi e l’austerità, secondo i dati della Bei, hanno accelerato il processo negli ultimi anni a Cipro, in Grecia, in Irlanda, in Portogallo, Spagna e Gran Bretagna.
L’analisi del rapporto dei sindacati sfata l’idea consolidata che i costi del privato siano più bassi di quelli del pubblico: l’indebitamento costa all’azienda privata concessionaria più che allo Stato che può accedere al mercato pagando interessi più bassi. Il rapporto, che cita dati della Bei, spiega che i costi di costruzione – ad esempio nel settore delle strade – sono nel privato più alti del 24 per cento. Maggiori anche i costi di monitoraggio del servizio di cui lo Stato deve comunque farsi carico, oltre a negoziazione, gara e spese legali. Ma soprattutto il rapporto smentisce il mito della maggiore efficienza: nessuna «evidenza statistica» spiega citando uno studio della World Bank. E i consumatori? Anche la maggior concorrenza che dovrebbe esserci con l’ingresso dei privati viene vanificata perché spesso la situazione di monopolio resta intatta. Senza contare che la corsa dei privati per conquistare le «prede» pubbliche può aprire la strada a fenomeni corruttivi.