Mediaset crolla in Borsa dopo che la francese Vivendi si rimangia il contratto firmato l’8 aprile, cambiando le carte in tavola. Ieri a sorpresa, Mediaset ha infatti annunciato di aver ricevuto una lettera di Vivendi, che contrariamente a quanto stabilito dagli accordi firmati la scorsa primavera non ha più intenzione di rilevare il 100% della pay tv Premium, ma solo un 20%, e come conguaglio della differenza propone un prestito convertendo che a tre anni darebbe diritto ai francesi di salire al 15% di Mediaset, contro il 3,5% originariamente pattuito in cambio di un 3,5% di Vivendi (che in Borsa vale 5 volte i rivali italiani). Il prestito convertendo avrebbe anche l’effetto di diluire la famiglia Berlusconi, oggi salda al 34,8%, sotto la maggioranza di blocco, un’opzione che per Fininvest è «inaccettabile ». L’accordo originale valutava circa 750 milioni Mediaset Premium, e prevedeva un pagamento parte in azioni Vivendi e per differenza in titoli Mediaset, in modo da suggellare un’alleanza nei contenuti tra le due aziende dei media e un scambio azionario del 3,5%. Ora invece i francesi chiedono di non farsi carico della tv a pagamento che perde soldi, e di avere più azioni di quella generalista che invece continua a macinare utili. Come tutte le proposte anche questa – che in casa Berlusconi viene giudicata indecente – sarà vagliata domani dal cda di Mediaset insieme alla semestrale, ma è difficile che il consiglio che aveva approvato il vecchio accordo ieri disatteso, accetti quello nuovo. Secondo l’ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, il cambiamento fa seguito a una «difformità nell’analisi dei risultati» di Premium, secondo Mediaset invece l’accordo è stato rispettato in toto, ed è pure stato avallato dalla perizia dell’advisor indipendente Deloitte, nominato dalle due parti, che ha certificato che i numeri alla base del contratto dichiaratati da Mediaset sono conformi e addirittura leggermente migliori. De Puyfontaine è sicuro «che le parti troveranno un accordo, dato che si tratta di gruppi amici», ma in Mediaset hanno seri dubbi al riguardo e si domandano «con amici come questi chi ha bisogno di nemici?». Eppure Silvio Berlusconi e Vincent Bolloré erano amici e proprio i buoni rapporti tra i due imprenditori hanno fatto sì che nel contratto non ci fossero né penali per eventuale risoluzione né la clausola di rito detta Mac (“material adverse clause”), che i francesi avrebbero potuto strumentalmente usare dopo la Brexit. «Avevamo chiesto prudenzialmente e per prassi di inserire la clausola Mac nel contratto – spiega Marco Giordani, direttore finanziario di Mediaset – Vivendi ci ha detto che non c’era bisogno dopo l’analisi svolta e dati i rapporti di fiducia reciproci». E invece de Puyfontaine, che ostenta grande fiducia, lascia intendere che c’è qualcosa di fosco dentro Mediaset Premium, tanto che Vivendi tra aprile e luglio ha dovuto cambiare i termini dell’accordo. Mediaset fa sapere che adirà alle vie legali e che è pronta a chiedere risarcimenti miliardari. De Puyfontaine ricorda «che è nell’interesse anche degli azionisti Mediaset trovare una soluzione di comune accordo», facendo sapere che come socio al 24,7% di Telecom Italia, Vivendi «non ha nessun preconcetto a una futura integrazione tra Mediaset e Telecom, che però non è sul tavolo ». Morale, il titolo Mediaset perde il 6,9% a 3 euro, contro i 3,5 euro del giorno dell’accordo con Vivendi, mentre il gruppo francese resta fermo a 17,2 euro (+0,15%), contro i 18,4 euro dello scorso 8 aprile. Infine la bagarre italo- francese potrebbe avere delle ricadute anche in Spagna dove Telefonica, socia di Mediaset Premium e partecipata da Vivendi, potrebbe chiedere i danni insieme al gruppo di Cologno, che per effetto del venir meno del contratto con il colosso d’Oltralpe non ricomprerà dagli spagnoli quell’11% di Premium che Telefonica nel 2014 pagò 100 milioni.
Sara Bennewitz