01.06.2017

Visco: mai vista una crisi così

  • Italia Oggi

Visco Day. Comincia ricordando Carlo Azeglio Ciampi, le Considerazioni finali del governatore di Bankitalia, poi il discorso stramba sul colpo di vento della crisi, lo stato d’eccezione che ha cambiato il bilancio dell’Italia, degli italiani e di Bankitalia, la foto della contemporaneità: «Negli ultimi sei anni gli interventi di politica monetaria mirati a contrastare la crisi finanziaria, quella dei debiti sovrani e i rischi di deflazione hanno inciso profondamente sulla dimensione e sulla struttura del bilancio della Banca d’Italia.

L’attivo è aumentato di oltre 440 miliardi, raggiungendo i 774 miliardi. Il portafoglio di titoli detenuti per fini di politica monetaria è salito da 18 a 245 miliardi. Il rifinanziamento alle banche è aumentato di 157 miliardi».

C’è tutto: la tensione sul debito pubblico, la recessione, il rosso delle imprese e quello bancario, l’iniezione di denaro per non collassare. E poi? Una crisi lunga che per l’economia d’Italia – ricorda Visco – si è tradotta negli «anni peggiori della sua storia in tempo di pace».

Crash. Ignazio Visco dixit: «Le conseguenze della doppia recessione sono state più gravi di quelle della crisi degli anni Trenta. Dal 2007 al 2013 il pil è diminuito del 9%; la produzione industriale di quasi un quarto; gli investimenti del 30%; i consumi dell’8%. Ancora oggi nel nostro paese il prodotto è inferiore di oltre il 7% al livello di inizio 2008; nel resto dell’area lo supera del 5%». Si parte da qui, dalla modesta crescita italiana, dalla irresponsabilità della politica che esulta per numeri che sono la certificazione di un problema di sistema, di classe dirigente prima ancora che di struttura economica.

Visco individua i due fattori di estrema debolezza: «Le conseguenze per l’Italia della doppia recessione si sono manifestate in tutta evidenza su due variabili, profondamente diverse per natura e per entità, che sono spesso indicate, per la progressione del loro aumento e per i livelli raggiunti, come i problemi principali del Paese: il debito pubblico e i crediti cosiddetti «deteriorati» delle banche. Si tratta di due fattori di debolezza che riducono i margini di manovra dello Stato e degli intermediari finanziari; entrambi rendono vulnerabile l’economia italiana alle turbolenze sui mercati e possono amplificare gli effetti delle fluttuazioni cicliche». I margini di manovra così ristretti conducono a una crescita del pil largamente inferiore alla media globale e europea.

Siamo al centro del maelstroem, Visco svolge le sue Considerazioni Finali mentre si sta aprendo una crisi politica in chiaro nei fini (andare a votare con un sistema elettorale tedesco di nome ma italianissimo di fatto che conduce a un governo di larghe intese tra Pd e Forza Italia) e oscuro negli esiti di bilancio (il voto arriva alla vigilia di una manovra di bilancio da 20 miliardi su cui aleggia uno spirito da rilassamento contabile e ciclo di spesa elettorale). C’è un problema di classe dirigente, di ceto politico, di borghesia irresponsabile che guarda il gioco politico, critica, ma o vi partecipa a fini privati o non vi partecipa tout court. Aspettiamo tutti un Godot che in queste condizioni non arriverà mai. Il rischio di avvitamento del Paese traspare continuamente nel documento.

È nel passaggio finale che il governatore Visco lascia in eredità parole da tenere a mente per l’imminente futuro: «Il consenso va ricercato con la definizione e la comunicazione di programmi chiari, ambiziosi, saldamente fondati sulla realtà». In autunno si vota, sul taccuino del titolare di List sono già accese tutte le spie rosse dell’irrealtà in rampa di lancio. Allacciate le cinture, sta per decollare la campagna elettorale più distopica della storia italiana.

Il bilancio creativo e le Renziadi. I primi avvisi di quello che attende i conti italiani si è sentito stamattina con una diretta Facebook di Matteo Renzi: «La discussione sul voto non si pone sulla base della legge elettorale, ma su che tipo di bilancio vorremo fare. La mia idea di legge di bilancio è diversa da quella di Mario Monti. L’austerity non ha rilanciato l’Italia e ha aumentato i disoccupati. Noi lavoriamo perché ci siano più posti di lavoro. E lavoreremo per questo insieme a Paolo Gentiloni». Tutto facile, come al bar dello sport, è l’essenza delle Renziadi. Il segretario del Pd è in buona compagnia, si vota, nessuno dirà la verità sui conti, sullo scenario del domani, sulla sfida della crescita e del commercio che si sta facendo via via più difficile, competitiva. Preparatevi a una legge di bilancio con i buchi intorno.

Cambia tutto a Bankitalia? Visco avrà un secondo mandato? Non è una missione impossibile, ma è difficile, si è aperta un’altra epoca, la crisi bancaria ha cambiato lo scenario e il quadro politico interno (e europeo) è in piena ebollizione. Anche la mappa del potere di Bankitalia cambierà? Una riconferma di Visco potrebbe essere favorita da veti incrociati, dallo stallo politico, dalla palude partitante. Il presidente della repubblica Sergio Mattarella avrà il ruolo chiave in questa scelta. Il rebus è antico: fare una scelta interna o pescare da fuori, nel mare (in realtà ristrettissimo) delle riserve della Repubblica? Nel direttorio della banca non c’è una figura che abbia la brillantezza del leader indiscusso: Salvatore Rossi, l’attuale direttore generale, è in Bankitalia dal 1976, ma è la continuità con l’era Visco; Fabio Panetta è giovane, è del 1959, forse troppo giovane per una finanza a trazione gerontocratica come l’Italia, ha esperienza internazionale e questo gioca a suo favore ma non è detto che basti; Luigi Federico Signorini ha un curriculum vario, è economista, è stato consulente e speechwriter di Lamberto Dini a Palazzo Chigi, è passato dal servizio studi di Bankitalia alla vigilanza; Valeria Sannucci è in Bankitalia dal 1977, è l’esperta di organizzazione e gestione del personale. Difficile pensare al Direttorio come serbatoio per il nuovo governatore.

E allora? Si va fuori. E chi c’è in lista d’attesa? Bella domanda: i profili giusti non mancano. Ignazio Angeloni, collaboratore di Mario Draghi alla Bce, membro del consiglio di vigilanza, è tra questi, come Lorenzo Bini Smaghi, già membro del board della Bce, ma prima dei nomi occorre guardare alla realtà: il futuro non sarà una passeggiata in un giardino delle delizie politiche, se arriva il governo Renzi-Berlusconi, serve un governatore che metta d’accordo tutti e non ceda alle pressioni di nessuno. Sarà un lavoro durissimo.

Il voto in Inghilterra. Il distacco tra conservatori e laburisti sta diminuendo. Secondo YouGov il partito di Theresa May perde 20 seggi, quello di Jeremy Corbyn ne guadagna 30. Nessuno dei due partiti ha la maggioranza. Risultato: la sterlina stamattina è andata in picchiata:

Andrà così? Un altro sondaggio realizzato da ComRes dà un risultato più favorevole ai Tories: 12 punti di vantaggio sul Labour. Mancano otto giorni al voto, presto scopriremo la realtà.

Mario Sechi