12.03.2014

Unicredit, maxi operazione pulizia

  • Il Corriere della Sera

MILANO —Unicredit «cancella» cinque anni di pesante crisi economica, soprattutto italiana, e chiude con una perdita record di 14 miliardi: numeri pesanti che però il mercato ha salutato con un netto +6,2% a 6,42 euro, il livello più alto mai raggiunto dall’aumento di capitale da 7,5 miliardi del 2012.
Il favore degli investitori verso la scelta del ceo Federico Ghizzoni nasce da due fattori: è stato escluso un aumento di capitale e il bilancio della banca di piazza Aulenti è stato completamente ripulito. Sono state registrate svalutazioni di poste immateriali per 9,3 miliardi (gli avviamenti delle acquisizioni effettuate dal 2004 in poi, cioè tutto l’Est Europa, la Germania, la stessa Capitalia, che già erano state svalutate nel 2011 per oltre 9 miliardi) e accantonamenti su crediti deteriorati per 13,7 miliardi (+48,6%). Il tutto senza incidere sul capitale, ora 10,4% (pari al 9,4% con le regole di Basilea3) tanto è vero che Unicredit pagherà un dividendo di 10 centesimi in nuove azioni o, a scelta, in contanti (script dividend).
La banca, ha affermato Ghizzoni, può tornare a fare nuovo credito in Europa e anche in Italia, «dove la situazione è in stabilizzazione. Siamo più prudenti anche del Fmi. Ci aspettiamo un +0,6% per quest’anno e una media di +0,8% nei prossimi». E con i bilanci puliti può attendersi 2 miliardi di utili nel 2014 e 6,6 a fine piano industriale, nel 2018. Una crescita che si basa su investimenti per 4,5 miliardi ma anche su 1,3 miliardi di minori costi legati anche a 8.500 esuberi di cui 5,700 in Italia, contro cui i sindacati Fabi, Fiba, Fisac, Ugl, Uilca hanno subito protestato.
«Sono soddisfatto delle decisioni prese perché il gruppo ora volta pagina e si proietta in un periodo completamente nuovo, focalizzato su crescita dei ricavi, investimenti e profittabilità», diventando «la banca numero uno in Europa nel corporate». La pulizia nei crediti ha reso Unicredit una delle banche più rigorose in Europa: il rapporto crediti deteriorati/attivo è salito al 52% (dal 45%) e la copertura delle sofferenze al 62% (da 56%). Inoltre è stata varata una «bad bank» interna — tecnicamente un «portafoglio segregato non core» — in cui sono stati posti 87 miliardi di crediti deteriorati o in bonis (un terzo del totale) ma ad alto rischio, che rappresentano 800 mila clienti. Ma Ghizzoni ha spiegato che a molti di questi debitori sarà concessa nuova finanza per poter uscire da una situazione di crisi temporanea. L’obiettivo è comunque di ridurre i crediti «non core» del 63% entro il 2018. Contemporaneamente sarà ceduta Uccmb, l’unità di riscossione crediti, e sarà quotata una minoranza di Fineco (entro giugno), mentre «non è tramontato» il progetto di un fondo per la gestione di alcuni crediti con Intesa Sanpaolo e Kkr. Esclusa invece la fusione con Mediobanca. La rivalutazione delle quote di Banca d’Italia ha reso 1,4 miliardi lordi di utile, con 200 milioni di tasse pagate. «Il weekend è stato abbastanza intenso, abbiamo cambiato quattro volte i conteggi», ha spiegato Ghizzoni, «Se la soluzione di rivalutare sia a conto economico sia a patrimonio netto non dovesse essere ritenuta idonea, aumenterà la perdita di 1,2 miliardi ma non ci sarà effetto sul capitale».