In 52 pagine di memoria presentata ieri al tribunale del Riesame di Firenze, che deciderà entro venerdì sui sequestri dello scorso 8 ottobre, l’avvocato di Palenzona, Massimo Dinoia, afferma che l’inchiesta «ruota attorno a un clamoroso travisamento della realtà», a cominciare dal fatto che la ristrutturazione del debito non è mai stata approvata. Citando l’audit interno di Unicredit disposto dopo l’esplosione dello scandalo, Dinoia sostiene che dalle delibere del comitato crediti del 23 aprile, del 16 giugno e del 1 luglio 2015 emerge che Unicredit ha riservato solo «sonore bocciature» al piano di risanamento del gruppo Bulgarella, esposto con Unicredit per circa 60 milioni. La banca aveva specificato che le procedure erano state corrette e specificato che Mercuri non ha mai partecipato a riunioni del comitato crediti.
L’interessamento di Mercuri a favore di Bulgarella ci sarebbe stato «non nell’interesse del debitore ma della banca», sostiene Dinoia. Reinterpretando le intercettazioni degli atti dei pm Angela Pietroiusti e Sandro Crini, scrive che dalle telefonate emerge che «Fossati riferisce di essere stato richiesto da “l’uomo grande” (per Dinoia è Mercuri) di occuparsi finalmente della pratica, che era in “ammollo” da sei anni, non certo per favorire qualcuno (“a me non me ne frega niente di come va a finire” — dice Mercuri, ndr ) ma solo per evitare contestazioni giudiziarie»: l’area Real Estate Sicilia di Unicredit avrebbe trascurato la posizione di Bulgarella facendo gonfiare gli interessi di mora tanto che secondo il parere chiesto da Unicredit a una società esterna, l’istituto rischiava fino a 8,4 milioni se Bulgarella avesse fatto causa.
Palenzona lamenta di essere stato intercettato per sette mesi e di avere avuto tutti i pc sequestrati e sostiene inoltre di non avere mai conosciuto Bulgarella. L’imprenditore a sua volta ha respinto le accuse rivendicando «di essere stato amico di Falcone». Ma è l’interventismo di Mercuri ad essere tra gli aspetti più controversi della vicenda: un serio problema reputazionale che ha messo Unicredit sotto i riflettori di Banca d’Italia, Bce e Consob e che il ceo Federico Ghizzoni vorrebbe risolvere a breve con la rimozione dei manager e una stretta sulla governance. Ieri sono proseguite consultazioni informali con il presidente Giuseppe Vita e alcuni membri del comitato governance come il vicepresidente Luca Cordero di Montezemolo.