01.07.2013

Una boccata d’ossigeno per il settore della nautica

  • Italia Oggi

Detassazione e sburocratizzazione. Sono le richieste condivise da tutti gli addetti ai lavori del settore nautico per riuscire ad attrarre nuovi investitori e armatori stranieri.

E qualcosa intanto si è già mosso con le disposizioni urgenti per il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico contenute nel «decreto del fare» (decreto-legge 21 giugno 2013, n.69, recante «disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia»). da poco approdato alla Camera.

Grande soddisfazione è stata espressa da Ucina Confindustria Nautica per il recepimento da parte del Governo delle istanze presentate dall’associazione di categoria nel corso degli ultimi mesi.

Il provvedimento riconsidera la tassa di possesso sulle imbarcazioni a vantaggio delle unità di piccole e medie dimensioni, lasciando invece intatto l’importo per i maxi yacht. La seconda disposizione, riguardante il noleggio occasionale da parte del proprietario dell’imbarcazione da diporto elimina il tetto di importo di 30 mila euro precedentemente fissato per l’applicazione del regime forfettario al 20% e, di contro, fissa un limite di giornate annue in cui poter svolgere tale attività (40 giorni) a tutela degli operatori commerciali del settore.

«Le nuove disposizioni lasciano ben sperare e rappresentano un importante segnale di come finalmente sia stata riconosciuta l’importanza del ruolo svolto dalla nautica italiana», afferma Paolo Lazzeretti, of-counsel dello studio Macchi di Cellere Gangemi, «tuttavia ritengo che la nautica abbia bisogno anche di altri e più incisivi processi di sburocratizzazione e soprattutto di detassazione».

In precedenza piccoli passi li aveva compiuti anche l’esecutivo guidato da Mario Monti con l’accoglimento della circolare emanata ad aprile dall’ex vice ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Mario Ciaccia che aveva semplificato le procedure per la vendita all’estero delle unità di diporto, con l’eliminazione del nulla osta dell’Agenzia delle entrate, in precedenza necessario.

Un provvedimento che potrebbe sbloccare il mercato dell’usato, prima paralizzato da una procedura che poteva richiedere anche diversi mesi.

Prima ancora lo stesso ministero, recependo le richieste provenienti dagli operatori del settore, aveva approvato una serie di provvedimenti che razionalizzano i controlli in mare.

E in quest’ottica è stato lanciata la campagna «Bollino blu». Il progetto che rende più efficace la sorveglianza in mare evitando duplicazioni nelle verifiche viene considerato un passo ulteriore verso quel processo di sburocratizzazione. Tuttavia per gli operatori di settore è solo «una scocciatura in meno» che, però, non produce alcun vantaggio economico per il diportista e per l’industria nautica.

«Da un lato bisogna riconoscere al governo Monti di aver intrapreso quel processo di semplificazione necessario a stimolare la ripresa», commenta Lazzeretti, «dall’altro non si possono ignorare le lamentele degli operatori del settore che denunciano gli effetti negativi generati da un inasprimento del regime fiscale che ha provocato una fuga di armatori e turisti europei verso i porti dei nostri concorrenti nel Mediterraneo.

Per quanto riguarda la detassazione», spiega il legale di Macchi di Cellere Gangemi, «anche Ucina Confindustria Nautica ha denunciato una evidente disparità di trattamento in Italia, caso unico in tutta Europa, dove l’applicazione dell’Iva alla portualità turistica non è equiparata alle altre strutture turistico ricettive.

Se consideriamo che dal primo luglio 2013, data di entrata della Croazia nell’Ue, le barche italiane potranno accedere nei porti croati e rimanere nello loro acque senza prescrizioni doganali e temporali, è necessario intervenire quanto prima per limitare l’evidente gap di competitività».

E gli ultimi interventi sulla nautica del «decreto del fare», secondo gli specialisti di Legance «sono stati necessari per correre ai ripari dopo i provvedimenti adottati dal governo Monti che decise di introdurre una tassa di possesso su tutte le imbarcazioni (salvo poche eccezioni) e navi da diporto detenute da soggetti residenti sul territorio del nostro Stato. Tutto ciò», secondo i legali dello studio Claudia Gregori e Giuseppe Loffreda, «ha prodotto un esodo delle unità italiane e non verso altre coste, con una perdita per il fisco italiano in termini di Ires, Irap e Iva, e ora, per dirla proverbialmente, che i buoi sono scappati è inutile chiudere la stalla. Bisognava pensarci prima, evitando di colpire un settore in cui è facile e del tutto lecito cambiare bandiera o delocalizzare le unità e il loro utilizzo all’estero». Discorso diverso per quanto riguarda le unità da diporto abilitate a svolgere attività commerciale, di locazione o noleggio dove la crisi incide sugli utilizzatori finali che in Italia sono molto pochi. E per rilanciare la nautica da diporto e commerciale gli esperti di Legance hanno stilato una lunga lista dei possibili provvedimenti per semplificare ulteriormente le procedure amministrative. Gregori e Loffreda individuano prioritario l’alleggerimento del carico fiscale: «Abolizione totale della tassa di possesso, diminuzione dell’Iva sull’acquisto di natanti, Iva agevolata anche sugli acconti pagati a Sal per la costruzione di unità da diporto destinate a impiego commerciale e applicazione dell’Iva agevolata sui canoni di leasing in base alla lunghezza dell’unità». Ma altri interventi operativi dovrebbero riguardare dicono Gregori e Loffreda, «anche la riduzione del costo del carburante, l’aumento dei posti barca e contributi di credito navale alla cantieristica».

E proprio nella cantieristica, dove l’Italia è tra i migliori produttori al mondo, occorre fare tanto per mantenere una posizione egemone e difendersi dalla concorrenza dei paesi emergenti. «In percentuale l’export rappresenta circa il 67% della produzione italiana del comparto nautico, valore che sale al 79% per il segmento della cantieristica», sottolinea Marco Frazzica, partner di De Berti Jacchia Franchini Forlani. «Nonostante la crisi, l’industria nautica italiana, rimane la più importante al mondo insieme a quella degli Usa, con un chiaro dominio nel settore dei Superyacht (il meno toccato dalla crisi)», continua Frazzica, «è anche vero però che gli effetti della crisi sulla nautica tradizionale sono ancor più gravi e preoccupanti di quanto i numeri complessivi facciano pensare: infatti il settore dei Superyacht ha un forte impatto sul fatturato globale della nautica visto l’altissimo valore di ciascuna unità prodotta».

E per far fronte a una recessione innegabile anche la cantieristica volge lo sguardo all’estero: «Gli operatori che sono riusciti meglio di altri a far fronte alla crisi», conclude l’esperto di shipping di De Berti Jacchia Franchini Forlani, «sono quelli che mantenendo la loro posizione di leader del mercato, hanno spesso deciso, con lungimiranza, di concentrare la loro forza commerciale prevalentemente sui mercati esteri».

«Credere di poter supplire, in via permanente, all’azzeramento della domanda interna con una compensazione dell’export è un atteggiamento irresponsabile da Paese in via di sviluppo», commenta l’avvocato Nunzio Bevilacqua del Direttivo dell’Associazione Nazionale Studio Problemi del Credito (Anspc). «Viviamo un’emergenza in cui si potrebbe, invece, più saggiamente, dar respiro ai consumi, facendo leva su di una passione «motore» di risorse, mettendo da parte inutili e depressive misure «relitto» di pregiudizi» e, conclude « sarebbe inoltre urgente maggior credito alle imprese del comparto che hanno, se l’amministrazione finanziaria allenta la «pressione» anche sui potenziali acquirenti, ottime possibilità di ripresa».