di Gabriele Ventura
Numero chiuso alle facoltà di giurisprudenza per frenare l'accesso alla professione di avvocato. Perché l'università continua a consentire un ingresso indiscriminato di studenti che poi, una volta laureati, si ritrovano disoccupati o precari. Questa la denuncia dell'Organismo unitario dell'avvocatura, che ha partecipato ieri in commissione Giustizia della Camera alle audizioni sulla riforma forense, insieme all'Associazione nazionale forense e alla Conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza.
Secondo l'Oua, che, come il Consiglio nazionale forense, chiede a Montecitorio di spingere sull'acceleratore per l'approvazione della riforma, possono comunque essere approvate in corsa delle modifiche al testo varato dal Senato. Tra queste, appunto, l'inserimento del numero programmato all'università. «Non è possibile varare una credibile riforma della professione conservando lo stesso numero di laureati che hanno diritto all'accesso», afferma l'Oua nel documento consegnato alla II Commissione, «Bisogna, al contrario, studiare una riforma che elevi non solo la preparazione ma anche il livello meritocratico. Non è ammissibile, infatti, che vi sia nell'albo forense il 40% di disoccupati intellettuali e un precariato determinato dall'università che consente l'ingresso indiscriminato alimentando aspettative che vengono sistematicamente deluse». Per il resto, il testo approvato dal Senato «contiene un complesso di norme che non possono non raccogliere il consenso dell'Oua, salvo alcune correzioni anche sostanziali». Tra le altre cose, l'Organismo unitario dell'avvocatura chiede di ripristinare la previsione che includeva tra i requisiti per la iscrizione all'albo quello di «aver superato l'esame di abilitazione non oltre cinque anni antecedenti la data di presentazione della domanda di iscrizione». E la norma che prevedeva che l'esame di stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato può essere sostenuto soltanto dal praticante avvocato che abbia effettuato il tirocinio professionale, «che non abbia compiuto cinquanta anni alla data di scadenza del termine previsto perla presentazione della domanda di partecipazione e che abbia superato la prova di selezione informatica di cui all'art. 45 (da ripristinare nel suo testo originario)». L'Anf, invece, chiede alla Camera di non affrettare l'approvazione della riforma senza correggere le criticità. «Non siamo d'accordo con la strategia di approvare il testo e poi fare le modifiche», afferma il segretario nazionale, Ester Perifano, «alcuni punti, poi, potrebbero essere approvati tramite decreto legge, come il ripristino delle tariffe minime vincolanti. Tra i punti critici evidenti, segnaliamo il procedimento disciplinare e la regolamentazione dell'accesso che, con le modifiche introdotte dal Senato, addirittura peggiora la situazione rispetto a quella attuale». Infine, il Comitato unitario dei patrocinatori stragiudiziali (Cups), assieme all'Associazione nazionale esperti di infortunistica stradale (Aneis), ha replicato alla commissione Giustizia in merito alla scorsa audizione del Cnf, affermando che «se dovesse essere approvato il ddl sulla riforma della professione forense, di colpo limiterebbe l'esercizio dell'attività stragiudiziale in forma autonoma solo agli avvocati». «Tale innovazione, anzi involuzione», conclude il Cups, «porterebbe in effetti alla perdita del lavoro per migliaia di professionisti quali patrocinatori stragiudiziali, esperti di infortunistica stradale, consulenti specializzati in rami avanzati del diritto».