Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan punta a rafforzare il quadro di finanza pubblica attraverso la graduale riduzione del deficit nominale (lo scorso anno al 3% del Pil), ora garantita anche dalla maggiore crescita, senza con ciò pregiudicare le misure dirette al sostegno dell’attività economica. In parallelo, tra la primavera e l’estate partirà la trattativa con la Commissione europea – di cui si fa cenno nel Def – per spuntare ulteriori margini grazie alla «clausola di flessibilità sulle riforme». Spazio di manovra che si tradurrebbe in maggior tempo a disposizione per rispettare il timing di riduzione del deficit strutturale (al netto delle variazioni del ciclo economico e delle una tantum) in direzione del pareggio di bilancio. Se applicata integralmente, a fronte di un percorso di riforme strutturali con effetti certi e quantificati sul potenziale di crescita dell’economia, la clausola di flessibilità potrebbe valere fino allo 0,5% del Pil (7-8 miliardi), da utilizzare per il finanziamento delle riforme, con un ulteriore allungamento dei termini per raggiungere il pareggio, che slitterebbe dal 2017 al 2018.
La partita più impegnativa si conferma quella con i tagli strutturali alla spesa corrente. Nel Def si cifra il nuovo intervento in cantiere in 10 miliardi, destinati integralmente a disinnescare le clausole di salvaguardia (per il resto si farebbe fronte con il risparmio atteso dalla discesa dei tassi e dello spread). Si punta tuttavia anche più in alto. Qualora i risparmi della spending review dovessero risultare più corposi, con la crescita più sostenuta e le riforme in gran parte realizzate, l’intenzione – confermano fonti governative – è di utilizzare il margine aggiuntivo per interventi diretti alla riduzione della pressione fiscale, in primo luogo sul lavoro. Il ricorso a parte del maggior deficit nominale servirebbe a finanziare interventi, anch’essi qualificati come fondamentali per il sostegno alla crescita, tra cui la conferma (con criteri forse più selettivi) della decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato. L’Iva non aumenterà – assicura Matteo Renzi, e il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd) si augura che non si tratti solo di uno slittamento al 2017: «Le imprese devono avere la certezza che non c`è una spada di Damocle come l’aumento dell’Iva nemmeno nel 2017. Bisogna tagliare la spesa, è opportuno chiudere molte municipalizzate che non funzionano e tagliare la spesa centrale di alcuni grandi ministeri che non hanno fatto la cura dimagrante».