Alcune tra le principali banche europee hanno pubblicato i risultati trimestrali, dove emergono i primi dati relativi alle ripercussioni economiche dell’emergenza sanitaria, che le hanno spinte ad aumentare gli accantonamenti per far fronte a potenziali perdite sui crediti.
Tra gennaio e marzo la britannica Hsbc ha accusato un calo del 57% su base annua dell’utile netto a 1,79 miliardi di dollari (1,65 mld euro), mentre i ricavi sono diminuiti del 5% a 13,69 miliardi (12,64 mld euro). «L’impatto economico della pandemia sui nostri clienti si è rivelato il motore principale del cambiamento nella nostra performance dall’inizio dell’anno», ha spiegato l’a.d. Noel Quinn. Le perdite sui crediti sono stimate a 3 miliardi di dollari e si sommano a un’ingente commissione sostenuta dalla banca per l’esposizione a Singapore. Nei prossimi mesi la redditività è prevista notevolmente in ribasso, mentre la crescita delle attività ponderate per il rischio si attesterà in un tasso compreso tra il 5 e il 9%.
Anche la spagnola Banco Santander ha subìto le conseguenze della crisi. La riserva per le perdite trimestrali è ammontata a 2,31 miliardi di euro, in crescita del 6%. Sono stati inoltre accantonati 1,6 miliardi per far fronte alla pandemia, più 46 milioni per coprire i costi di ristrutturazione. L’aumento delle riserve e la flessione dei ricavi hanno comportato il crollo dell’82% dell’utile a 331 milioni. Escludendo le spese straordinarie di 1,65 miliardi e considerando un importo a tasso costante, l’utile sottostante è aumentato dell’8%. I ricavi sono scesi del 2% a 11,81 miliardi, con una riduzione dell’utile netto da interessi e delle commissioni. Il Cet 1 si è attestato all’11,58% rispetto all’11,65% di dicembre.
Quanto a Ubs, a differenza di Hsbc e del Santander, la difficoltà viene affrontata da una posizione di forte solidità, legata anche all’aumento del 40% dei profitti trimestrali a 1,6 miliardi di dollari (1,48 mld euro), superando le attese di 1,5 mld. L’utile operativo è salito da 7,22 a 7,93 miliardi (7,32 mld euro), mentre l’utile pre-tasse ha visto un incremento del 41% nel segmento di gestione patrimoniale e del 52% nella gestione degli asset. I costi per le perdite sui crediti sono balzati da 20 a 268 milioni di dollari (247 mln euro). Di questi, 122 milioni riguardano il segmento degli investimenti e 53 mln l’unità chiave di gestione patrimoniale.
«Dopo anni di operazioni strategiche rigorose, gestione del rischio e investimenti tecnologici sostenuti, ci addentriamo in questi tempi tumultuosi da una posizione di solidità», ha commentato l’a.d. Sergio Ermotti.