Ma le sue parole non sono bastate a rassicurare i mercati. Ieri il titolo Tesco ha chiuso in discesa dell’11,59%, a 203 pence in Borsa a Londra. Tutti possono sbagliare, ma un errore di questo tipo dà l’impressione di una società che non ha sotto controllo le procedure interne. Il commento più severo di ieri? «Un annuncio del genere non è degno una società inclusa nell’indice Ftse-100», ha affermato l’analista di Shore Capital, Clive Black. Per Neil Saunders, managing director della società di consulenza Conlumino, la cosa più grave però è che la performance di Tesco, «già estremamente debole, in realtà, è molto peggiore di quanto anticipato».
Lo scandalo aggrava i problemi dell’azienda britannica, costretta al suo terzo profit warnig nel giro di due anni. L’ultimo porta la data di fine agosto, quando Tesco aveva comunicato di attendersi utili dal trading di circa 1,1 miliardi di sterline (circa 1,4 miliardi di euro) per i sei mesi che si concludono il 23 agosto. E l’errore scoperto adesso si riferisce proprio a quei dati. E’ stato un dipendente venerdì scorso ad allertare la società dopo aver riscontrato un’incongruenza tra i dati sui ricavi anticipati in bilancio e le informazioni dei costi invece riportate in ritardo. Dopo un weekend per cercare di capire che cosa fosse successo, ieri mattina l’annuncio che ha sorpreso il mercato. E che ha costretto la catena di supermercati a rinviare i risultati del primo semestre al 23 ottobre, tre settimane più tardi rispetto alla data annunciata in precedenza.
E forse non è un caso che parte dei guai del gruppo sia legata al fatto che da 5 mesi manchi un responsabile globale della finanza: Laurie Mcllwee ha lasciato l’incarico in aprile ma il successore designato, Alan Stewart, attualmente impiegato presso il rivale Mark& Spencer, comincerà a lavorare solo in dicembre.
L’incidente contabile in ogni caso è solo l’ultima tegola. Se per decenni ha dominato l’industria della grande distribuzione in Gran Bretagna, di recente Tesco fa fatica a contrastare la concorrenza aggressiva degli hard discount, soprattutto le insegne tedesche Aldi e Lidl. In un anno le azioni sue azioni hanno perso il 46% sul listino londinese a causa della continua erosione dei ricavi. Per rilanciare le vendite, nei mesi scorsi il gruppo aveva puntato su Cina e in India, dove si è alleata rispettivamente che le catene locali Cre e Tata, prima di riconoscere a luglio che il mercato era globalmente ancora «meno favorevole» di quanto si pensasse.