di Raffaella Polato
MILANO — Tempi supplementari. E un'ultima (parrebbe) mediazione da fare. Doveva essere, ieri, la giornata della svolta nelle trattative per il passaggio di Termini Imerese dalla Fiat alla Dr Motor. Non lo è stata del tutto ma qualcosa — non poco — si è in effetti smossa. Anche se per l'accordo occorrerà aspettare almeno lunedì. Quando i sindacati e gli uomini di Sergio Marchionne si ritroveranno, ancora, al ministero dello Sviluppo per cercare di sciogliere l'unico nodo che ancora blocca la vicenda: gli incentivi per accompagnare verso l'uscita definitiva i dipendenti (poco più di 500) vicini ai requisiti per la pensione.
«Tocca al Lingotto farsene carico», hanno sempre sostenuto Fiom, Fim, Uilm, Fismic, Ugl. E il Lingotto ieri, per la prima volta, ha aperto. La disponibilità c'è, dichiarata al tavolo dell'advisor Invitalia. La questione, ora, è di numeri. Torino, che martedì prossimo produrrà la sua ultima auto in Sicilia, ha evidentemente un «budget di chiusura». E nel relativo conto va messo il primo contributo promesso per agevolare la ripartenza dell'area: la cessione dell'impianto al prezzo simbolico di un euro. Solo che a questo punto, è il discorso fatto ieri dall'azienda, per gli incentivi alla pensione non è pensabile far riferimento ai parametri applicati normalmente dal gruppo. Così lunedì, al nuovo appuntamento, sul tavolo ci sarà la fotografia del costo possibile e di quello che la Fiat riterrà sostenibile. Quanti siano i lavoratori potenzialmente interessati si sa. Per quanti anni, e con quali importi, possano essere «accompagnati» alla mobilità «è il lavoro — dice Domenico Arcuri, numero uno di Invitalia — che faremo nei prossimi giorni: condivideremo con Fiat il perimetro e auspicabilmente sottoscriveremo l'accordo».
Non è altrettanto ottimista il sindacato. Non tutto, almeno. E c''è la Fiom, di nuovo, sulle barricate: «La richiesta di uno sconto è inaccettabile». Davvero però «rischia di saltare tutto»? Lo specchio forse può essere Grugliasco. Si trattava anche là, ieri, mentre a Roma si discuteva di Termini. E a Torino, alla fine, l'impasse si è sbloccato: l'impegno da mezzo miliardo è in partenza. D'altra parte, sono distensive le parole dello stesso Marchionne dagli Usa. Ha appena annunciato nuovi investimenti (1,7 miliardi di dollari) e nuove assunzioni (1.100) per la Jeep a Toledo. Ma con chi gli chiede dell'Italia abbandona i toni provocatori: «Ho fiducia che i cambiamenti avvenuti oggi a livello politico comincino a farci muovere in avanti. Mentirei se dicessi che non ho mai pensato a una base altrove: stabilità e governabilità sono tra le cose cui guardiamo. Ma non è nostra intenzione trasferirci: siamo impegnati nei confronti dell'ossatura industriale del Paese».