Anche lo spread, a suo modo, ha due facce. C’è quella del debito pubblico, dove tra alti e bassi il differenziale Btp-Bund ha imboccato da tempo la strada della discesa. E c’è quella del debito privato, che racconta una storia diversa. Dai giorni convulsi dell’autunno 2011, quando aveva raggiunto i massimi, lo spread decennale Btp-Bund si è più che dimezzato (ieri viaggiava intorno ai 250 punti base, 10 punti sopra la vigilia per le nuove tensioni politiche). Nello stesso periodo è invece cresciuto, e non di poco, il differenziale «privato»: quello che le piccole e medie imprese pagano per finanziarsi, vale a dire la differenza tra il tasso sui prestiti sotto il milione di euro e l’Euribor a 3 mesi.
Certo, poi è arrivata la nuova grande recessione – la seconda nel giro di un lustro – e le sofferenze delle banche sono esplose. Ma quel 4,5% (in crescita) che, secondo le ultime statistiche, è oggi il tasso d’interesse medio sui nuovi prestiti alle aziende fino a un milione di euro, inevitabilmente prende in considerazione solo i finanziamenti effettivamente erogati. E non, quindi, quelli che non sono andati in porto perché, per esempio, il tasso proposto all’impresa – magari alle prese con la crisi – era troppo alto per essere sostenuto dai conti aziendali.
A scattare una fotografia della situazione ci ha pensato ieri la nuova «Analisi dei settori industriali» di Intesa Sanpaolo e Prometeia. Il rapporto fa un confronto molto ampio, tra il dicembre 2007 – prima del crac Lehman, delle due recessioni e della tempesta finanziaria mediterranea – e oggi. In questi sei anni l’Euribor a 3 mesi – con cui le banche si finanziano tra di loro – è sceso del 4,6% (460 punti base), mentre secondo le statistiche è calato di molto meno (circa il 2%) il costo medio e complessivo dell’indebitamento finanziario dell’industria manifatturiera. Anche qui sono presi in esame solo i finanziamenti effettivamente andati in porto: una considerazione non da poco, visto che ad agosto i prestiti alle imprese sono scesi del 4,6% rispetto a un anno prima. Sempre ad agosto, le piccole e medie imprese tedesche pagavano il 2,8% di tasso d’interesse contro il 4,5% di quelle italiane: una differenza di 170 punti base, certo più contenuta dello spread Btp-Bund, ma pur sempre notevole. Anche perché lo spread pagato dalle aziende italiane sull’Euribor a tre mesi supera i 400 punti base.
Tornando sul fronte «pubblico», ieri il Tesoro ha inanellato due aste con rendimenti in calo e domanda in crescita da parte degli investitori. Sono stati collocati sul mercato 3 miliardi di Btp a 10 anni, con un tasso medio del 4,11% (4,50% all’asta precedente) e un rapporto di copertura tra domanda e offerta dell’1,53% (prima era dell’1,38%). Venduti anche 3 miliardi di Btp a 5 anni, al tasso del 2,89% (ai minimi da aprile) e con una copertura in aumento all’1,65%. Ma, dopo una mattinata più promettente, lo spread Btp-Bund è tornato a salire fino a superare i 250 punti base: ai massimi degli ultimi 20 giorni, anche se ben al di sotto dei massimi «veri», quelli «over 500» di fine 2011. E ora? Secondo il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, si va verso una «graduale riduzione: a 200 punti nel 2014 e 100 nel 2017». La parola passa adesso, di nuovo, al mercato.
Siete qui: Oggi sulla stampa

Il Corriere della Sera
31/10/13
Potrebbe interessarti anche

La Francia continua a essere apripista per il riconoscimento economico dei contenuti di informazione...
Oggi sulla stampa

Si avvicina il giorno in cui Monte dei Paschi dovrà dire alla vigilanza di Francoforte e al mercato...
Oggi sulla stampa

«Sul Recovery Plan non esiste un caso Italia, ma un’interlocuzione molto positiva con la Commissi...
Oggi sulla stampa