Per capire come la detassazione agisce sul tessuto del Paese, bisogna dunque vedere dove passa il suo confine. Chi è dentro e chi fuori, chi ci risparmia e chi dovrà coprire i risparmi degli altri. L’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane, pubblicata l’anno scorso su dati del 2012, aiuta a farsi un’idea. Negli ultimi tre anni infatti è cambiato pochissimo. L’indagine dice per esempio che il 76% delle famiglie con capofamiglia dai 55 anni in avanti vive in casa di proprietà: dunque beneficerà dello sgravio, mentre solo il 24% dei più anziani resta fuori. La situazione invece è rovesciata nelle famiglie con capofamiglia fino ai 34 anni di età: nei giovani solo il 44,7% è soggetto a Tasi o Imu, tutti gli altri invece no e dovranno compensare con le loro tasse l’ammanco dei comuni.
Uno squilibrio simile si replica se si guarda ai livelli di istruzione o allo status professionale. Paga Imu o Tasi il 76,6% dei capifamiglia laureati, ma solo il 58,5% dei diplomati delle scuole medie. Versa la tassa sugli immobili l’85,3% dei dirigenti, ma solo il 47,5% degli operai. Più in generale, sono proprietari della casa in cui vivono e dunque candidati allo sgravio ben nove italiani su dieci nel club composto dal 20% della popolazione che guadagna di più: il top 20%. Se si guarda invece al 20% della popolazione che guadagna meno, fra loro solo il 34% vive in casa di proprietà ed è candidato allo sgravio; gli altri due terzi fra i meno abbienti sono solo candidati a pagare per quello sgravio con il loro contributo alla fiscalità generale. L’effetto è anche accentuato dal fatto che le case dei più benestanti in media sono più grandi (137 metri quadri) e pagavano più Imu o Tasi. Stesso meccanismo se si guarda agli immigrati: solo il 21% fra loro vive in case di proprietà, contro il 71% degli italiani. Nei termini più crudi l’abolizione di Tasi e Imu è dunque un trasferimento di risorse dai giovani agli anziani, dai meno istruiti ai più istruiti, da chi guadagna di meno a chi guadagna di più e dagli immigrati agli italiani. Naturalmente il fisco non agisce mai solo in modo così meccanico. Abolire quelle tasse può sostenere il prezzo delle case, dunque favorire i consumi o le banche che hanno quelle case in garanzia, e ora potrebbero dare più credito. Del resto il governo ha già aiutato parte dei ceti deboli con altre misure, né è chiaro che sia il fisco lo strumento migliore per offrire a tutti un’opportunità di riscatto. Ma un arbitro neutrale, di certo, le tasse non lo saranno mai.