Il caso UniCredit dimostra che il mercato non si spaventa, anzi reagisce con particolare interesse ai maxi-aumenti destinati a fare una pulizia completa (o comunque significativa) al capitolo crediti in sofferenza. Soprattutto nel caso in cui, così facendo, la banca che vende conservi la possibilità di partecipare dei ritorni futuri. Ecco perché c’è chi starebbe studiando e suggerendo a Carige lo stesso schema realizzato da Jean Pierre Mustier in Piazza Gae Aulenti: un’azione in contropiede, che vada oltre ai desiderata della Vigilanza ma che consegni nelle mani di chi sottoscrive una banca profondamente diversa, capace di regalare soddisfazioni decisamente maggiori di quella attuale.
D’altronde, intorno alla manovra allo studio da mesi dall’istituto controllato dalla famiglia Malacalza il quadro è decisamente fluido. Inizialmente doveva essere da 450 milioni, analisti e rumors di mercato puntano su 600, gli advisor avrebbero stimato che il fabbisogno in realtà sarebbe di 800 milioni. Ora c’è chi vedrebbe positivamente una manovra di rafforzamento superiore, da un miliardo o anche di più.
Un’ipotesi accarezzata fuori dalla banca ma anche dentro, perché nella sostanza andrebbe nella direzione auspicata da Vittorio Malacalza, la cui priorità sarebbe quella di non disperdere neanche una briciola del valore di una banca in cui ha investito oltre 250 milioni, di cui gliene restano meno di 40. Anche perché,l’imprenditore ligure va dicendo da tempo che non è un problema di risorse: la famiglia è disposta a investire ancora, e tanto.
Nel dettaglio, lo schema sperimentato da UniCredit con il progetto Fino ha previsto lo scorporo di oltre 17 miliardi di Npl a un valore molto basso, di poco superiore al 12% di quello facciale, a un veicolo che si sta finanziando sul mercato con titoli di classi diverse che in maggioranza spettano ai partner finanziari Pimco e Fortress ma che per il resto rimangono in capo a Piazza Gae Aulenti, che così potrà beneficiare dei recuperi di valore. Intanto, però, l’enorme massa di Npl è uscita dalla banca, che così ha potuto collocare con maggiore facilità il suo aumento da 13 miliardi.
Nel migliore degli scenari possibili, la riedizione di uno schema analogo potrebbe consentire a Carige di uscire dall’impasse sia dal punto di vista strategico che dei rapporti con la Vigilanza, e al tempo stesso di reclutare un nuovo ceo, che così avrebbe in qualche modo la strada segnata. Senonché, con l’acuttizzarsi della crisi di governance e il pressing sempre più asfissiante di Bce è difficile ragionare su argomenti che vadano oltre la strettissima attualità.
Marco Ferrando