La sparizione del falso valutativo era emersa nel dibattito parlamentare – seduta del 18 marzo , questione posta dal senatore Caliendo sull’emendamento soppressivo del Governo – ma il relatore D’Ascola aveva spiegato che «sarà opera dell’interpretazione giurisprudenziale stabilire se le valutazioni debbano essere considerate ai fini della sussistenza del requisito della non rispondenza al vero». Martedì sera la Cassazione ha dato il primo responso. Paradossalmente, il falso valutativo resta per ipotesi di reato meno gravi, dall’ostacolo alla vigilanza (articolo 2638 del Codice civile, punito fino a 4 anni) e nel penale tributario (articolo 7 del dlgs 74/2000, in relazione alla dichiarazione infedele o fraudolenta, fino a 3 o 6 anni di reclusione).
Sul tema si è subito acceso il dibattito politico. Getta acqua sul fuoco il ministro della Giustizia, Andrea Orlando: «Dobbiamo leggere ancora le motivazioni che non sono state pubblicate. La Cassazione interviene su un caso specifico. È vero che l’area di punibilità è stata estesa ma senza leggere le motivazioni non è possibile capirne la portata». Ma, al di là dei Cinque Stelle, il fuoco sul rischio-voragine per i processi in corso è amico: «La Cassazione ha dimostrato che nella nuova disciplina sul falso in bilancio c’è un buco pazzesco che rischia di vanificare l’esito dei processi. Bisogna che il Consiglio dei ministri intervenga, perché bisogna parlare di cose concrete» ha detto Pier Luigi Bersani, mentre Giacomo Caliendo sottolinea che «il gruppo di Fi, sia in commissione che in Aula, presentò un emendamento a mia prima firma che inseriva proprio quattro parole “ancorché oggetto di valutazioni” e, nonostante il ripetuto invito a tener conto di tale necessaria integrazione, l’emendamento, anche a causa del parere contrario del governo, non fu approvato». Per Donatella Ferranti, presidente della Commissione giustizia della Camera «prima di lanciare allarmi meglio sarebbe attendere e leggere le motivazioni della sentenza».