26.03.2012

Sui beni ai soci dieci nodi da sciogliere

  • Il Sole 24 Ore

di Gianfranco Ferranti

Più tempo per l'adempimento e per i necessari chiarimenti fiscali e normativi: è questo l'effetto principale del rinvio al 15 ottobre 2012 del termine per la trasmissione della prima comunicazione dei dati sui beni concessi dall'impresa in godimento a soci e familiari.
Come si può vedere dal tabellone qui a destra, infatti, i problemi irrisolti sono tanti e piuttosto "pesanti", sia sul fronte dell'invio della comunicazione, sia dal punto di vista sostanziale e sanzionatorio: i dieci casi spiegati per esteso sono i più importanti in attesa di chiarimenti o di "cambi di rotta".
Ma partiamo dalle norme. L'articolo 2, comma 36-sexiesdecies, del Dl 138/2011 (manovra di Ferragosto) afferma che la comunicazione va effettuata quando i beni dell'impresa sono concessi in godimento per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del relativo diritto: la finalità sembrerebbe quella di controllare il rispetto della normativa introdotta dallo stesso Dl 138, secondo cui in questi casi la differenza concorre alla formazione del reddito complessivo del socio o familiare quale reddito diverso e i costi relativi ai beni non sono ammessi in deduzione in sede di determinazione del reddito d'impresa.
L'obbligo di comunicazione, perciò, non dovrebbe esserci in tutti i casi in cui non si applicano entrambe le "penalizzazioni" ai fini reddituali: cioè se, ad esempio, non siano concessi in godimento beni dell'impresa o il corrispettivo sia pari o superiore al valore normale del diritto di godimento ovvero il fringe benefit sia imponibile nell'ambito di un'altra categoria reddituale (come per il socio dipendente o amministratore).
Nel provvedimento direttoriale del 16 novembre 2011 e in sede di risposta ai quesiti di «Telefisco 2012» l'agenzia delle Entrate sembra, invece, aver attribuito alla comunicazione la diversa finalità di agevolare l'effettuazione dell'accertamento con il metodo sintetico, superando lo "schermo" societario. Andando con ciò oltre le disposizioni normative. Nel provvedimento direttoriale è, infatti, stabilito che la comunicazione deve essere effettuata:
– «per ogni bene concesso in godimento nel periodo d'imposta», quindi a prescindere dall'eventuale imposizione quale reddito diverso della differenza tra il corrispettivo e il valore di mercato. D'altra parte, il dato rilevante ai fini dell'accertamento sintetico è proprio la spesa sostenuta dalla persona fisica per utilizzare il bene;
– in relazione a «qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione nei confronti della società concedente», fattispecie non menzionata nella detta norma che stabilisce l'obbligo di comunicazione, ma nel successivo comma 36-septiesdecies, nel quale è previsto che l'Agenzia procede al controllo sistematico della posizione delle persone fisiche che utilizzano i beni in esame e che «ai fini della ricostruzione sintetica del reddito tiene conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società». In sede di risposta a un quesito di Telefisco 2012 è stato poi affermato che questi dati vanno comunicati indipendentemente dal fatto che le operazioni siano strumentali all'acquisizione dei beni poi concessi in godimento e richiesta anche l'indicazione dei dati relativi ai finanziamenti ricevuti dai soci, che non sono contemplati né dalla norma né dal provvedimento;
– anche con riguardo ai soci diversi dalle persone fisiche, che normalmente non dichiarano redditi diversi. Si ritiene che questa richiesta serva a individuare i soci che detengono la partecipazione attraverso un'altra società (ad esempio la controllante).
Queste richieste sono evidentemente efficaci principalmente ai fini dello svolgimento dell'azione accertatrice, soprattutto quella relativa ai versamenti effettuati dai soci, i quali potrebbero, tra l'altro, costituire il veicolo per far rientrare nella società incassi non registrati.