Un cambio di pelle per gli studi di settore. Da strumento di accertamento a puro strumento di compliance. È questa la principale richiesta che Reteimprese Italia ha indirizzato a Luigi Casero, viceministro dell’economia, in una lettera con le proposte di intervento in materia di studi di settore.
L’associazione, che unisce le cinque sigle rappresentanti delle pmi (Cna, Confartigianato, Confcommercio, Casartigiani, Confesercenti), ritiene che alla luce delle modifiche annunciate sia «necessario rivedere l’impianto giuridico che governa la materia».
In particolare, i rappresentanti fiscali delle pmi propongono di rivedere l’utilizzo degli studi di settore ritornando alle iniziali finalità dello strumento. «Al riguardo», scrive Reteimprese, «va evidenziato che dopo le sentenze della cassazione del 2009 gli studi sono stati riportati nel loro corretto alveo per quanto concerne la valenza in ambito accertativo». In buona sostanza gli studi che «nascevano come modalità di selezione dei contribuenti a rischio di evasione e per dare certezze ai contribuenti corretti, sono stati utilizzati «dall’amministrazione finanziaria, specie nel periodo 2007 /2008, in modo improprio ossia per dar cassa. Dopo le sentenze della cassazione» ricorda Reteimprese nella nota, «è cominciato un lento declino nell’utilizzo dello strumento in sede di accertamento».
Secondo Reteimprese lo studio di settore, dunque, dovrà essere utilizzato come elemento di una rafforzata compliance e per questa ragione: «Lo studio di settore dovrà continuare a essere l’elemento che permette l’accesso al regime premiale disciplinato dall’art. 10, comma 9 e seguenti del dl 201/11».
Inoltre il regime premiale andrà ulteriormente rafforzato attraverso un nuovo sistema di tassazione che punti a premiare l’efficienza e la fedeltà fiscale in modo automatico all’aumentare del reddito dichiarato. «Per fare questo» propone Reteimprese, «occorrerà introdurre, a regime, un sistema premiale legato alle performance di reddito incrementale dichiarato, rispetto alla soglia minima di reddito riferibile alle potenzialità produttive dell’impresa e da determinarsi, ovviamente, in via presuntiva, attraverso gli studi di settore. Una volta definita la soglia minima di reddito (ovviamente diversa da impresa a impresa), a partire dalla quale verrebbe riconosciuto l’incentivo fiscale, l’agevolazione consisterebbe nel riconoscere, sulla sola parte di reddito dichiarata eccedente quello di riferimento, una tassazione molto ridotta». Per le pmi, dunque, si verrebbe a creare un sistema di incentivi volto a stimolare i contribuenti ad accrescere la loro capacità produttiva al fine di abbassare la tassazione media sul reddito da loro prodotto.