05.10.2015

Stretta sulle «rinunce» dei soci

  • Il Sole 24 Ore

Cambia la disciplina della sopravvenienza attiva derivante dalla rinuncia del socio al credito vantato verso la società. Con decorrenza dal periodo d’imposta 2016 la detassazione di questa sopravvenienza in capo alla società beneficiaria della rinuncia sarà concessa solo nel limite del valore fiscale del credito stesso.
La rinuncia ai crediti vantata dai soci a favore della propria società è una procedura attivata di frequente in questi anni di crisi economica come strategia per eseguire aumenti di capitale senza dover versare denaro da parte dei soci.
Dal punto di vista contabile, in realtà, le ipotesi in cui si debba rilevare una sopravvenienza attiva nel conto economico sono piuttosto rare, specie dopo l’avvento del nuovo documento Oic 28 che richiede la rilevazione diretta nel patrimonio netto di tutte le rinunce di crediti (sia finanziari che commerciali) motivate dalla necessità di incrementare il patrimonio della propria società. In tutti i casi, fino al periodo d’imposta 2015, l’articolo 88, comma 4, del Tuir permette la sterilizzazione fiscale delle sopravvenienze derivanti da rinunce ai crediti senza prevedere alcuna condizione, tranne quella che il rinunziante sia, ovviamente, un socio.
La nuova norma, invece, restringe l’ammontare della sopravvenienza attiva detassata stabilendo che il vantaggio fiscale (cioè la variazione diminutiva nel modello Unico) si ha solo fino al valore fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio stesso. Quindi se il socio acquista il credito (con ogni probabilità di difficile riscossione) a un corrispettivo minore rispetto al dato nominale, l’eventuale e successiva rinuncia comporta per la società beneficiaria una sopravvenienza attiva che sarà:
detassata fino a concorrenza del valore del credito riconosciuto in capo al socio;
tassata per la differenza.
La norma ha l’evidente scopo di contrastare manovre tramite le quali crediti di dubbia esigibilità vengono acquistati per somme simboliche dal socio con cessioni pro soluto e poi fatti oggetto di rinuncia. Tramite la cessione pro soluto il primo creditore-cedente realizza una perdita su crediti deducibile, mentre per contro la società debitrice consegue una sopravvenienza attiva interamente detassata a fronte dell’incremento del costo della partecipazione in capo al socio secondo creditore-acquirente.
Con la nuova disposizione la società beneficiaria della rinuncia sottoporrà a tassazione l’eccedenza tra valore nominale del credito e valore riconosciuto in capo al socio acquirente. Tale tassazione sarà simmetrica alla deduzione della perdita in capo al primo creditore -cedente. Per contro, il socio che acquista il credito a valori simbolici, una volta eseguita la rinuncia, incrementerà sì il costo della partecipazione ma limitatamente al valore fiscalmente riconosciuto del credito.
Un primo elemento dubbio nel dettato letterale del nuovo articolo 88, comma 4-bis, del Tuir consiste nel chiedersi se la tassazione della sopravvenienza attiva (sempre limitatamente alla quota eccedente) avvenga solo nell’ipotesi di sopravvenienza che transita a conto economico (quindi situazioni numericamente molto limitate) oppure se la norma vada intesa nel senso che la quota di sopravvenienza eccedente il valore del credito in capo al socio va sottoposta a tassazione a prescindere dalla gestione contabile.
Il dubbio è risolto dalla relazione al testo della nuova norma, dove si legge esplicitamente che la tassazione avviene «…a prescindere dal trattamento contabile, con la conseguenza che si può generare un fenomeno di tassazione da gestire con variazione in aumento…». Da tale impostazione discende un aspetto decisamente rilevante: in qualunque caso vi sia discrasia tra il valore del credito in capo alla società e quello riconosciuto al socio, la rinuncia al credito genererà imponibile, senza che sia rilevante il motivo per cui la stessa è stata eseguita.
Infine va segnalato un aspetto pratico: per far conoscere alla società l’esatto valore del credito fiscalmente riconosciuto, il socio dovrà consegnare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio specificando appunto l’ammontare rilevante. In assenza di tale dichiarazione, la società dovrà considerare il valore del credito pari a zero, con conseguente tassazione integrale della rinuncia.