08.09.2014

Stp, redditi come gli autonomi

  • Italia Oggi

I compensi che il socio professionista percepisce dalla Stp per lo svolgimento dell’attività professionale costituiscono redditi di natura autonoma anche se il socio stesso non possiede una partita Iva individuale con la quale fatturare le sue prestazioni. È infatti la Società tra professionisti (Stp), quale strumento attraverso il quale il professionista svolge la propria attività, il soggetto titolare di partita Iva. La strada è stata tracciata nei giorni scorsi dalla commissione finanze del senato nel parere reso sullo schema di decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali ove, nel suggerire al governo lo stralcio dell’art. 11 relativo alla disciplina fiscale delle Stp, ipotizza, nell’ambito di un successivo decreto legislativo concernente la revisione dell’imposizione sui redditi di impresa e di lavoro autonomo, di considerare i redditi percepiti dai soci professionisti delle Stp come redditi di lavoro autonomo (da assoggettarsi a ritenuta d’acconto da parte della Stp stessa). Ma andiamo con ordine: nelle Stp (che per semplicità assumiamo in forma di Srl), come in tutte le società di capitali, la quota sociale rappresenta l’ammontare di patrimonio di competenza di ciascun socio. I soci professionisti, però, devono anche (soprattutto) prestare attività professionale a favore (per mezzo) della Stp, in adempimento degli obblighi derivanti dal contratto sociale. Posto che l’esecuzione della suddetta prestazione professionale può essere svolta esclusivamente dai soci professionisti (anzi, vista da un’altra angolazione, la Stp può perseguire lo scopo sociale solo mediante l’attività svolta dai propri soci professionisti), i compensi che questi ultimi percepiscono dalla Stp, che evidentemente nulla hanno a che vedere con la loro partecipazione al capitale sociale, costituiscono redditi di natura autonoma. Infatti, volendo ipotizzare che detto riconoscimento sia subordinato alla titolarità da parte dei soci professionisti di una partita Iva personale, si otterrebbe l’effetto di duplicare gli obblighi di fatturazione delle medesime prestazioni professionali, che verrebbero prima fatturate dalla Stp al cliente (per conto dello stesso professionista che le ha svolte) e successivamente dal professionista stesso alla Stp. Inoltre, le ipotetiche fatture individuali emesse dai soci professionisti nei confronti della Stp sarebbero del tutto peculiari, mancando l’addebito alla Stp stessa del cosiddetto «contributo integrativo» da riversare alla Cassa di previdenza, considerato che il medesimo contributo per le medesime prestazioni viene già addebitato dalla Stp alla clientela e successivamente attribuito ai soci professionisti in proporzione alla quota sociale dagli stessi posseduta nella Stp. Stesso identico ragionamento nel caso in cui un socio professionista assuma l’incarico di consigliere di amministrazione della Stp, a maggior ragione se con deleghe operative nell’ambito dell’attività professionale svolta: anche in questo caso i relativi compensi percepiti devono essere classificati redditi di natura autonoma. Al riguardo soccorre l’art. 34 della legge 342/2000 secondo cui le attività di amministratore di società producono redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente, a meno che queste non rientrino «nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’articolo 49 (ora 53), comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente». Ora, è fuori dubbio che per lo svolgimento delle suddette attività il socio professionista impieghi le competenze tipiche della sua professione, se non altro perché l’oggetto sociale della Stp coincide con la medesima attività professionale svolta dal suo amministratore. Il riconoscimento della natura di reddito professionale dei compensi erogati dalla Stp ai soci professionisti consente di evitare, a vantaggio dei soci professionisti stessi, la cosiddetta «dispersione contributiva», in quanto la base di computo del contributo previdenziale cd «soggettivo» dovuto alle rispettive casse professionali da ogni singolo professionista è costituita dalla sommatoria dei compensi derivanti della attività svolte da quest’ultimo a favore della Stp, anche in qualità di membro del consiglio di amministrazione, e del reddito fiscale della Stp ad egli spettante pro quota (nel solco, peraltro, delle recenti delibere già approvate dai ministeri del lavoro ed economia assunte dalle Casse dei dottori commercialisti, dei ragionieri commercialisti e dei consulenti del lavoro).