16.11.2012

Stop allo scorporo della rete Telecom

  • Il Sole 24 Ore

Lo scorporo della rete Telecom ritorna in discussione e potrebbe non vedere mai la luce. Il tema sarà all’esame del consiglio già convocato per il prossimo 6 dicembre ed è il consiglio che avrà l’ultima parola. Ma c’è più di un elemento per ritenere che il progetto non abbia più senso.
L’antefatto è che i negoziati con la Cdp per l’ingresso nell’eventuale newco delle rete d’accesso sono finiti sul binario morto. Il nodo della valutazione dell’asset non è stato sciolto. Telecom non demorde: almeno 15 miliardi, e non meno di questo. Deutsche Bank che entro fine ottobre doveva fornire la stima di parte alla Cassa, di cui è advisor, ha sospeso il giudizio. Ma i contatti al vertice tra le due controparti hanno evidenziato che ci sono divergenze anche sul tema della governance. Cdp, tramite il Fondo strategico, avrebbe dovuto rilevare una quota del 30%, in linea con le partecipazioni detenute nelle altre reti nazionali dell’elettricità e del gas. La maggioranza sarebbe rimasta a Telecom, che non può permettersi di perdere il controllo della rete, anche perchè è l’asset “fisico” più importante a garanzia del debito, che sfiora i 40 miliardi. Il rovescio della medaglia è che il debito può anche essere spalmato, ma non può essere deconsolidato. Il board della newco avrebbe dovuto essere indipendente, per ottenere i benefici regolamentari, e Cdp avrebbe voluto indicare l’amministratore delegato (tra l’altro per la posizione circolava il nome di Vito Gamberale). Se indipendenza significa che i ruoli operativi sono designati dalla minoranza è un concetto probabilmente da discutere, ma è un dato di fatto che sul punto finora non si è trovato un accordo.
In parallelo gli uffici interni che già dalla scorsa primavera sono al lavoro sul tema per esaminare i pro e i contro – considerato che l’ipotesi è sempre stata presentata come un’opzione industriale e non finanziaria – hanno maturato la conclusione che per ottenere i benefici regolamentari, promessi dal Commissario Ue all’agenda digitale Neelie Kroes, non c’è bisogno di spingersi fino a un passo che nessun altro ex monopolista europeo ha mai pensato di intraprendere, perchè dispendioso sotto molti punti di vista. Basterebbe infatti allo scopo far evolvere Open Access, la divisione che si occupa della rete d’accesso Telecom, verso la “separazione funzionale” incarnata dal modello Open Reach di British Telecom, che i dirigenti del gruppo italiano hanno esaminato da vicino in una visita ad hoc qualche settimana fa. In termini tecnici, questo significherebbe aggiungere all’equivalence of output, che oggi assicura Open Access, l’equivalence of input che garantisce Open Reach, il meccanismo antidiscriminatorio tra l’ex monopolista e gli operatori alternativi che la Kroes richiede.
C’è un ulteriore tassello: la rete fissa è definita di «rilevanza strategica» nella bozza del decreto che individua gli asset sui quali sono applicabili i “poteri speciali dello Stato” (l’ex golden share). Ergo: se Telecom è la rete, Telecom è strategica. Concetto di una certa rilevanza visto che è spuntata l’offerta del finanziere Naguib Sawiris, per la verità poco strutturata nella lettera presentata al board Telecom l’8 novembre scorso.
Ma se non si scorpora più la rete, i capitali che la Cdp voleva mettere a disposizione per lo sviluppo della fibra ottica non arriverebbero più. A meno che la Cdp valuti l’opportunità di entrare direttamente nella Telecom “strategica”. C’è un assist a riguardo. Nella compagine Telco, mentre Intesa-Sanpaolo è aperta a considerare l’offerta di Sawiris, che già aveva aiutato nell’operazione Wind, gli altri soci – Telefonica, Generali e di conseguenza anche Mediobanca – non ne vogliono sapere. Nell’azionariato italiano si dice che allora piuttosto, se Telecom ha bisogno di mezzi freschi, si può procedere con un aumento di capitale in opzione, che non necessariamente significa che Telco debba parteciparvi. In quest’ambito sarebbero già allo studio alcune soluzioni finanziarie che si presterebbero a creare margini per l’ingresso di un nuovo socio. Se ce ne fosse la volontà politica, la Cassa, con la quale anche all’interno di Telco c’è disponibilità a collaborare, potrebbe essere il candidato ideale.