14.02.2012

Spazio all’induttivo

  • Italia Oggi

di Debora Alberici 

Nuovo affondo della Suprema corte contro l'elusione fiscale. È legittimo l'accertamento induttivo dell'Iva a carico dell'impresa immobiliare che vende sottocosto anche in relazione al mutuo preso dall'acquirente.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con l'ordinanza numero 1972 del 10 febbraio 2012 ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente che aveva venduto degli immobili ben al di sotto del prezzo di mercato.

La vicenda riguarda un contribuente milanese, titolare di un'impresa di costruzioni, che aveva venduto tre unità immobiliari a 365 mila euro. L'ufficio, valutati i costi nella zona, l'importo molto superiore dei finanziamenti chiesti dagli acquirenti aveva rettificato l'Iva e il valore della vendita facendolo slittare a 649 mila euro.

Non solo. L'Agenzia aveva usato il metodo induttivo. Contro l'atto impositivo il contribuente aveva presentato ricorso alla Commissione tributaria ma senza successo. stessa sorte in secondo grado. Ora la sezione tributaria ha confermato la decisione della Ctr di della Lombardia motivando che «l'ufficio legittimamente procede a rettifica quando vi siano condotte non economicamente giustificate quali l'antieconomicità di comportamenti imprenditoriali che il contribuente non spieghi in alcun modo e siano in conflitto con i criteri della ragionevolezza.

Quella rilevata dalla Ctr, è una grave incongruenza tra i ricavi contabilizzati delle tre operazioni di vendita immobiliare, pari a una frazione del tutto esigua dei preme e dei costi contabilizzati, e i ricavi ragionevolmente ritraibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività, il tutto in presenza d'incongruenze intrinseche (prezzi/mq) ed estrinseche (mutui)».

Tanto più che nel caso specifico il ragionamento della Ctr non è fondato sul semplice scostamento fra il valore normale di vendita e il prezzo, ma valorizza la presenza anche di altri elementi presuntivi, i quali, tra loro associati, sono astrattamente idonei a sostenere la pretesa tributaria in fase contenziosa, senza che ciò si risolva in alcuna violazione di principi diritto nazionale o comunitario, atteso che l'armonizzazione di tributi sulla cifra d'affari non pone barriere alla potestà accertatrice domestica, anche in funzione anti-elusiva e con il solo basarsi anche su presunzioni semplici per la prova a carico del fisco».

Anche la Procura generale della Suprema corte aveva sollecitato di confermare la rettifica Iva.