La crisi dei consumi colpisce duro le imprese commerciali, tanto che nei primi dieci mesi dell’anno hanno chiuso in media 260 negozi al giorno (il saldo tra aperture e cessazioni).
L’Osservatorio Confcommercio sulla demografia delle imprese ha registrato nel periodo gennaio-ottobre di quest’anno, 178.106 cessazioni di attività, nettamente più elevate delle iscrizioni: 100.232. Insomma, secondo i dati di Confcommercio e Movimprese, chi ha abbassato la saracinesca ha superato di gran lunga chi l’ha sollevata. E alla fine il saldo negativo è stato di 77.874 imprese. Quasi 1.400 in più rispetto al 2013.
Quali le ragioni? Per Confcommercio, «la persistente debolezza della spesa per consumi continua non solo a rendere difficile lo svolgimento dell’attività aziendale per molte imprese del settore, ma tende anche a frenare e ridurre le nuove iniziative imprenditoriali».
I dati dell’Osservatorio Confcommercio si riferiscono ai flussi mensili delle iscrizioni e delle cancellazioni (comprese quelle d’ufficio) alle camere di commercio e riguardano i settori del terziario di mercato (area Confcommercio) e, con informazioni più disaggregate, i diversi comparti del commercio al dettaglio e dei servizi di alloggio e ristorazione.
Il saldo negativo dei primi dieci mesi dell’anno è peggiorato rispetto all 2013 per effetto di un aumento delle cessazioni, 4mila in più, mentre il numero delle nuove iscrizioni si è ridimensionato di 5mila unità.
All’interno dei singoli comparti, solo il commercio di auto e moto e il commercio al dettaglio hanno registrato un ridimensionamento del saldo negativo. Per il resto, si sono appesantiti i saldi di macellerie, fruttivendoli, panifici e tabacchi. Nei negozi non food, tagli pesanti per edicole, ferramente, stazioni di carburanti. Colpiti anche alberghi e ristoranti.
Unica eccezione il commercio ambulante: il numero delle iscrizioni ha superato di 1.700 unità le cancellazioni. Nel commercio al dettaglio in sede fissa, il saldo negativo sia nell’area alimentare che non alimentare è stato peggiore rispetto ai primi dieci mesi del 2013.
Quanto ai territori, Confcommercio sottolinea che il Mezzogiorno ha registrato un saldo più pesante (-26.287 imprese) rispetto al Nord-ovest (-20.980).
Diversa l’interpretazione fornita da Federdistribuzione, l’associazione delle catene commerciali, che ricorre ai dati forniti dall’Osservatorio del commercio del ministero dello Sviluppo economico. Questi mostrano «un quadro di stabilità – sostiene Federdistribuzione – nel numero complessivo dei punti vendita, in sede fissa e ambulanti. Stessa indicazione di stabilità proviene anche dalla banca dati Movimprese, se analizzata nel modo corretto e secondo le loro istruzioni, cioè evidenziando a livello di settore la variazione dello stock delle imprese e non il saldo tra imprese iscritte e cessate». Federdistribuzione però ammette che «il settore del commercio subisce pesantissimi impatti dalla crisi e dalla nuova concorrenza di Internet, sia nella grande che nella piccola distribuzione: aumenta il turnover, a un rilevante numero di chiusure corrisponde un altrettanto elevato numero di aperture di attività e calano le redditività».
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Il Sole 24 Ore
23/12/14
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