20.12.2018

Softbank debutta con un crollo

  • Il Sole 24 Ore

La «signora Watanabe» – mitica quanto prudente simbolo della gestione delle finanze familiari in Giappone – deve essersi pentita di aver cercato nel mercato azionario l’alternativa ai tassi zero o quasi dell’investimento obbligazionario, cedendo alle lusinghe dei primi spot televisivi andati in onda per una Ipo: il secondo maxicollocamento iniziale della storia – il più grande in Giappone, finito per circa l’80% al retail – ha debuttato con il secondo maggiore flop di sempre nel Sol levante, il che potrebbe incidere sull’andamento delle prossime Ipo e più in generale raffreddare la non eccelsa propensione dei risparmiatori verso la Borsa (su cui parecchi giapponesi si affacciavano per la prima volta). Il titolo della divisione di telefonia mobile di Softbank ha ceduto, nel primo giorno di contrattazioni, il 14,5%, spazzando via circa 9 miliardi di dollari dalla capitalizzazione virtuale della società insita nel prezzo di collocamento di 1.500 yen.
Se i risparmiatori erano stati attirati dalla promessa di un dividend yield intorno al 5%, analisti e investitori istituzionali erano stati ben più guardinghi, sottolineando alcuni fattori negativi che gravavano su un’Ipo da 23,6 miliardi di dollari, di poco inferiore a quella record di Alibaba del 2014: prezzo alto (a 8,2 volte l’Ebitda), momento difficile per la Borsa ed in particolare per il settore tecnologico, guerra dei prezzi e maggiore concorrenza all’orizzonte nella telefonia mobile giapponese, effetti negativi dalla necessità “politica” di sostituire il fornitore cinese Huawei e dalla clamorosa interruzione tecnica temporanea del servizio del 6 dicembre scorso.
Un analista di Sanford C. Bernstein, Chris Lane, ha parlato addirittura di «alchimia» – nel senso di trasformazione di piombo in oro – per il successo del gruppo Softbank nella vendita di 1,76 milioni di titoli a quel prezzo sullo sfondo di tante circostanze sfavorevoli. Altri osservatori avevano avvertito che alcuni investitori istituzionali avrebbero scommesso al ribasso sul titolo, cosa evidentemente avvenuta.
Il vulcanico patron di Softbank, Masayoshi Son, per il momento può comunque ritenersi soddisfatto, essendo riuscito a incamerare ingenti mezzi freschi da utilizzare sia per la riduzione del debito sia per completare la trasformazione del gruppo in un colosso degli investimenti globali nel settore hi-tech. Le sue spericolate scommesse multimiliardarie, peraltro, cominciano a incontrare ostacoli: secondo indiscrezioni, partner arabi del suo Vision Fund stanno facendo resistenza al programmato ulteriore investimento da 16 miliardi di dollari in WeWork. In compenso, negli Usa la fusione della sua Sprint con T-Mobile appare più vicina dopo l’ok di alcune autorità di controllo.