23.05.2016

Società, il tax credit lima le imposte

  • Il Sole 24 Ore

Senza una stabile organizzazione all’estero, un’impresa italiana rischia di dover dichiarare nello Stato estero di produzione i singoli redditi secondo il principio del «trattamento isolato», ossia qualificandoli in base alla categoria alla quale appartengono.
Il problema
Un’impresa fiscalmente residente in Italia deve dichiarare nel territorio dello Stato tutti i redditi percepiti a livello mondiale (worldwide taxation principle). Ciò non toglie, però, che in presenza di un reddito prodotto in un altro Stato, l’impresa possa subire all’estero una tassazione locale secondo il principio della fonte, il cosiddetto source-based taxation principle. Su un reddito di fonte estera, quindi, un’impresa fiscalmente residente in Italia, può subire una doppia imposizione: una prima volta nello Stato della fonte, una seconda volta nello Stato di residenza, facendo rientrare il reddito estero in quello d’impresa in base al «fattore unificante della commercialità», come evidenziato anche dall’agenzia delle Entrate nella circolare 9/E/2015.
Va fatta, però, una distinzione:
nel caso in cui un’impresa nazionale realizzi nel territorio di uno Stato estero redditi di natura commerciale senza essere in presenza, per la legislazione italiana, di una stabile organizzazione che, al contrario, viene presunta per effetto della normativa vigente nello Stato estero, l’eventuale tassazione subita nel territorio di tale ultimo Stato non può essere recuperata attraverso il tax credit;
nel caso, invece, di redditi diversi da quelli commerciali (come ad esempio i redditi di capitale) può scattare un problema di doppia imposizione giuridica rispetto al quale sono ipotizzabili due soluzioni.
Le soluzioni
Per mitigare l’effetto della doppia imposizione, vietata anche dal Tuir (articolo 163), il singolo Stato può applicare in alternativa:
l’istituto del credito d’imposta;
l’esenzione da tassazione del reddito estero.
In Italia è stato adottato, per i redditi tassati nel territorio della fonte, che concorrono al reddito complessivo nazionale, il primo metodo, riconoscendo un credito d’imposta per le imposte pagate a titolo definitivo nello Stato di produzione. A regolarne il trattamento è l’articolo 165 del Tuir, che ammette in detrazione dall’imposta netta dovuta nel territorio dello Stato le imposte pagate all’estero fino alla concorrenza «della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo», nettizzato delle perdite eventualmente prodotte in precedenti periodi d’imposta e ammesse in diminuzione.
Il calcolo
Bisogna quindi effettuare un rapporto: al numeratore va inserito il reddito prodotto nello Stato estero, al denominatore, invece, va indicato il reddito complessivo dichiarato dall’impresa, al netto delle perdite deducibili. L’operazione, che determina la quota parte di imposta nazionale attribuibile al reddito estero e dalla quale vanno scomputatele imposte estere pagate a titolo definitivo, va effettuata con riferimento al singolo Stato estero in adozione del meccanismo per country limitation.
Si tratta di un meccanismo favorevole per il soggetto residente che si contrappone a quello in base al quale i redditi prodotti nei singoli Stati esteri vanno unificati e posti assieme al nominatore per determinare il credito d’imposta spettante (overall limitation), e che risulta meno conveniente in presenza di perdite prodotte in uno o più Stati esteri stante il fatto che queste perdite abbattono, per l’appunto, il numeratore stesso.
In presenza di un’imposta estera definitiva eccedente la quota parte di imposta italiana gravante sul reddito estero, si può memorizzare questa eccedenza, che potrà essere usata se negli otto esercizi precedenti o successivi ci sono eccedenze di imposta italiana rispetto a quella estera, con riferimento allo stesso Paese.

Michele Brusaterra