La scelta di Société Générale sembra premiare la grande esperienza dell’italiano nelle istituzioni europee a Bruxelles e Francoforte, in primo luogo nella Banca centrale, nel momento in cui con l’Unione bancaria molte funzioni di controllo passano a livello europeo.
Se la seconda banca francese (dietro Bnp Paribas) ha scelto un europeo – perfettamente francofono – non connazionale, è forse anche perché la sua visione potrebbe rivelarsi utile nel caso in cui le banche del continente attraversassero una fase di consolidamento. Intanto, Bini Smaghi dovrà aiutare il direttore generale a risolvere due nodi fondamentali: la debole crescita della banca in Francia e la sua forte esposizione – attraverso Rosbank – in Russia, il mercato in grave crisi e colpito dalle sanzioni dell’Occidente.
A seguito della direttiva CRD IV del 2014, Bruxelles chiedeva da tempo a Société Générale di dividere i due ruoli di presidente e direttore generale con compiti più esecutivi. La banca francese ha sempre cercato di ritardare il momento di mettersi in regola soprattutto per attaccamento e riconoscenza al suo «presidente direttore generale» Frédéric Oudéa, che nel 2008 divenne direttore generale e nel 2009 presidente, riuscendo a salvare la banca dalla tempesta perfetta della crisi finanziaria e della zona euro, combinata con le perdite colossali provocate dal trader Jérôme Kerviel.
La banca ha dichiarato in passato che la reattività di Oudéa, unico dirigente con pieni poteri, era stata decisiva per la salvezza e il risanamento dell’istituto. Oudéa lascia a Bini Smaghi la carica di presidente, ma conserva quella a cui forse teneva di più, direttore generale con compiti operativi. «La nuova governance permetterà a Société Générale di perseguire nella continuità la messa in atto della sua strategia e della sua trasformazione», si legge nel comunicato dell’istituto di credito.