La giornata di ieri è stata impiegata dalla Lega Calcio per procedere a ulteriori approfondimenti legali, dopo che all’assemblea di lunedì era intervenuto l’avvocato Giorgio De Nova, professore di diritto privato e legale di Fininvest nella causa contro Cir per il lodo Mondadori. I nuovi approfondimenti erano nati dall’esigenza di rafforzare la larga maggioranza (16 club su 21), che si era espressa a favore della linea di perseguire la massimizzazione degli introiti. Ovvero: a Sky le partite delle 8 squadre principali da trasmettere sul digitale terrestre, a Mediaset gli stessi match ma per piattaforma satellitare, e sempre al Biscione anche le partite delle altre 12 squadre.
Ma Sky rivendica di avere fatto le offerte maggiori per le partite delle 8 squadre principali su entrambe le piattaforme e il principio che l’offerta più alta vince. Mediaset, invece, sostiene nella sua contro-diffida che «assegnare a un unico operatore pay le 248 partite delle otto squadre di serie A che da sole rappresentano oltre l’86% dei telespettatori tifosi italiani è esattamente quello che la legge, le autorità regolamentari e la stessa Lega Calcio di serie A hanno sempre voluto impedire a difesa dei consumatori e della concorrenza». A osservare le strategie adottate dai due operatori, si vede che è la stessa: entrambi hanno fatto l’offerta maggiore per la piattaforma che al momento non usano per trasmettere. Ma Sky ha fatto le offerte più alte per il pacchetto delle 8 squadre big (ha da poco perso l’asta per la Champions League, vinta invece da Mediaset).
Nella discussione è entrato anche l’ex ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, «padre» insieme all’allora ministra Giovanna Melandri della legge varata nel 2007 che ha attribuito alla Lega Calcio i diritti tv complessivi del Campionato di serie A. «Chiamare in causa la legge è del tutto fuori luogo — ha detto Gentiloni —. La legge Melandri-Gentiloni ha come obiettivo quello di centralizzare la vendita dei diritti del calcio in capo ad un unico soggetto, la Lega, e di prevedere aste distinte per le diverse piattaforme tecnologiche». «I divieti stabiliti dalla legge, non sono comunque quelli da taluno invocati in questi giorni – ha spiegato Gentiloni –, ma consistono da un lato, nel divieto di concorrere per piattaforme per le quali non si dispone di un’abilitazione e dall’altro, il divieto di aggiudicarsi i diritti di tutte le squadre su tutte le piattaforme». «La legge — conclude Gentiloni — affida infine all’Antitrust, sentita l’Agcom, il compito di valutare ex post il determinarsi di eventuali abusi di posizioni dominanti». La parola ora spetta alla Lega Calcio.