23.03.2016

Separati, ma senza litigare. Le regole d’oro dei tribunali

  • La Repubblica
TORINO Quando l’amore nella coppia finisce, quel che resta di una famiglia con figli è spesso solo un libro aperto nelle mani di un giudice. È una sentenza a stabilire chi, tra mamma e papà, avrà la custodia dei bambini. In quale casa dovranno stare e per quanto tempo. Ma anche quanto costerà continuare a mantenere i figli, pur vivendo separati. Ed è soprattutto su questo, su chi deve mettere mano al portafogli e perché, che si accendono in aula le liti più violente. Per ridurre scontri e discussioni, giudici e avvocati indicano la strada dell’accordo con un “decalogo” sulle spese che i genitori in fase di separazione e divorzio dovranno affrontare non vivendo più sotto lo stesso tetto. «È un argomento che crea forti tensioni tra ex coniugi e la speranza è che con queste linee guida, il più analitiche possibile, si possano recuperare uniformità di giudizio, punti fermi e serenità», commenta il presidente del tribunale di Torino, Massimo Terzi.
Gli avvocati sorvegliano, e si improvvisano psicologi. Ma quando dal tribunale si torna a casa, il lutto è spesso ancora da elaborare. Ed è in quel momento che le piccole decisioni dei tempi di pace, diventano strumento di ricatto, pregiudicando per mesi o per anni la serenità dei ragazzi. Ma la soluzione adesso arriva da una sede autorevole: nasce nelle aule di tribunale il vademecum da non trasgredire per la serenità di figli e genitori. È la strada intrapresa, da un paio d’anni a questa parte nelle principali città, da Roma a Milano, da Verona a Firenze. L’ultimo esempio è proprio Torino, dove magistrati e legali hanno siglato un accordo che ha visto un lungo lavoro d’intesa tra il presidente della sezione famiglia Cesare Castellani e la coordinatrice per i minori dell’Ordine, l’avvocato Assunta Confente.
Un protocollo che definisce cosa rientri nell’assegno di mantenimento e quali siano invece le spese “extra”. E quali di queste richiedano un preventivo accordo tra i genitori. «Hai deciso di portare il bambino a scuola di calcio? Sai che preferisco che impari a suonare il pianoforte. Io per il calcio non metto un centesimo». E il cane? Quel cucciolo scelto tutti insieme, alla vigilia di un Natale: «Non sta in casa mia, e te ne occupi tu». Anche la gita scolastica può diventare motivo di lite, così come la spesa per la mensa. Il denaro è lo specchietto per le allodole dei genitori in lotta. I figli soffrono, c’è chi assiste sbigottito, qualcuno arriva ad ammalarsi.
Nessun margine di dubbio sussiste su pranzi e cene, bollette, vestiti, medicine e il necessario per la scuola: queste voci rientrano appieno nel cosidetto “assegno di mantenimento”. I protocolli d’intesa siglati a livello locale intervengono, invece, sugli “extra”. Come l’iscrizione scolastica (cui l’ex coniuge è obbligato a contribuire se la scuola è pubblica, mentre la scelta di una privata va concordata in anticipo). Altri esempi sono le spese per la baby sitter o la gita, che a Torino è autorizzata in automatico solo se non prevede il pernottamento. Anche le spese per gli animali domestici sono “extra”, ma contribuirvi è obbligatorio; le lezioni private, invece, devono essere scelte in due.
È in questo elenco che le città si differenziano, rispecchiando le rispettive abitudini. Se a Roma si affronta insieme la scelta della minicar, a Torino non ha bisogno di autorizzazione l’acquisto dell’abbonamento ai mezzi pubblici. Se il figlio deve prendere la patente, entrambi i genitori mettono mano al portafogli senza discutere, ma al momento di comprare il motorino la decisione (e la spesa) vanno condivise.
«Importante è aver stabilito il principio del silenzio assenso — spiega Giulia Facchini, avvocato matrimonialista di Torino — In passato i genitori che non volevano contribuire alle spese si negavano, lasciando semplicemente passare il tempo». Oggi, invece, l’accordo prevede che dopo dieci giorni dalla comunicazione, in assenza di risposta, la spesa extra sia di fatto autorizzata.
Ottavia Giustetti e Sarah Martinenghi