03.10.2014

Scambi intraUe complicati

  • Italia Oggi

La lavorazione oltre confine complica gli scambi intracomunitari. Se il bene oggetto di vendita dall’impresa italiana all’impresa francese deve essere lavorato in Francia, per conto del venditore, prima della consegna all’acquirente, il luogo della cessione, ai fini dell’Iva, non è l’Italia, ma la Francia. Questo perché il trasferimento materiale del bene è effettuato in vista della lavorazione, mentre il trasferimento della proprietà all’acquirente avviene solo successivamente, quando il bene si trova nel paese di destinazione. È quanto emerge dalla sentenza della Corte di giustizia Ue del 2 ottobre 2014, C-446/13, che pare destinata a provocare effetti rilevanti (e non certo di positivi) sull’assetto fiscale delle operazioni intraUe. Le conseguenze inespresse dell’interpretazione della Corte, infatti, sono l’impossibilità di qualificare come cessione intracomunitaria la vendita dell’impresa, che deve considerarsi una cessione interna in territorio francese, e l’impossibilità di applicare il regime sospensivo al precedente invio dei beni in conto lavorazione dall’Italia al prestatore d’opera francese, invio che dovrà quindi essere qualificato come trasferimento intracomunitario «a se stessi», in relazione al quale l’impresa italiana dovrà assolvere gli obblighi dell’acquisto intracomunitario in Francia.

Un’impresa italiana vendeva a una società stabilita in Francia pezzi di propria produzione, inviandoli però a un prestatore d’opera francese che, dopo l’esecuzione di lavori di rifinitura, li consegnava all’acquirente. Il prezzo di vendita comprendeva tali lavori, che erano quindi a carico del venditore. L’impresa italiana trattava la vendita come una cessione intracomunitaria e richiedeva alla Francia il rimborso dell’Iva addebitatale dal prestatore francese. La richiesta, però, veniva respinta con la motivazione che la vendita, secondo le disposizioni in materia di localizzazione delle cessioni di beni contenute nell’art. 8 della sesta direttiva (ora artt. 31 e 32 della direttiva 2006/112/CE) doveva considerarsi effettuata in Francia, circostanza che comportava l’obbligo di identificazione dell’impresa italiana, con il venir meno dei presupposti per il rimborso diretto. Investito della controversia, il Consiglio di stato francese decideva di sospendere la causa per chiedere alla Corte di giustizia Ue se le disposizioni della direttiva debbano interpretarsi nel senso che la cessione di un bene da parte di una società a un cliente sito in un altro paese dell’Ue, dopo la lavorazione del bene avvenuta per conto del venditore nello stabilimento di un’altra società stabilita anch’essa nel paese dell’acquirente, sia da considerare una cessione avvenuta tra il paese del venditore e il paese del destinatario finale, oppure una cessione interna al paese di quest’ultimo, a partire dallo stabilimento di lavorazione.

Premesso che la questione mira in sostanza a stabilire se, in un caso simile, il luogo della cessione sia il paese del fornitore o quello dell’acquirente, la Corte ha osservato che la norma comunitaria stabilisce che il luogo di una cessione di beni è situato nel «luogo in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente».

La lettera della disposizione non consente di considerare che il luogo della cessione si trovi nel paese del fornitore, perché i beni sono stati prima spediti al prestatore che era stabilito in un altro stato membro e il quale, dopo aver effettuato lavori di rifinitura, li ha poi spediti all’acquirente, stabilito in quest’ultimo stato membro. Pertanto, i beni finiti oggetto del contratto fra venditore e acquirente, si trovavano già nel paese dell’acquirente al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione di quest’ultimo.

Questa interpretazione è avallata anche dal sistema generale, che identifica il luogo della cessione in quello nel quale avviene il trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario: nella fattispecie, il fornitore, quando spedisce i beni al prestatore d’opera, non trasferisce all’acquirente tale potere, in quanto la spedizione mira solo a rendere i beni conformi all’ordine per la successiva cessione all’acquirente. In conclusione, la cessione in esame si considera effettuata nel paese dell’acquirente.