25.06.2014

Sanzioni Tasi, parola ai Comuni

  • Il Corriere della Sera

L’ombrello contro le sanzioni e gli interessi per chi ha mancato l’appuntamento con la Tasi si estende anche all’Imu, accomunata al nuovo tributo dalle «obiettive condizioni di incertezza» che secondo l’articolo 10 dello Statuto del contribuente bloccano le penalità. Ma a decidere devono essere i Comuni. Lo stesso accade per gli enti non commerciali, che il 16 giugno avrebbero dovuto versare il saldo Imu 2013 e l’acconto 2014, e per fruire delle agevolazioni loro dedicate dovrebbero presentare entro il 30 giugno una dichiarazione il cui modello non è stato ancora approvato (si veda l’articolo sotto).
La risoluzione 1/2014 del dipartimento Finanze, che traduce in pratica l’intenzione più volte annunciata dal Governo di bloccare il rischio sanzioni per chi ha sbagliato i versamenti della Tasi oppure per chi non si è proprio presentato alla cassa disorientato dalla girandola delle scadenze, non va oltre un fermo e circostanziato “suggerimento” alle amministrazioni locali, invitate a congelare l’applicazione di sanzioni e interessi nei confronti dei contribuenti Imu e Tasi almeno fino a un «termine ragionevole»: nella manovra non entra il termine per sanare gli insufficienti versamenti dell’Imu 2013, per i quali la partita si deve essere chiusa entro il 16 giugno.
Sul calendario, il dipartimento indica il 16 luglio, cioè la data successiva di un mese alla scadenza prevista dalla legge nazionale per l’acconto Imu e per quello della Tasi nei Comuni che hanno deliberato in tempo, ma l’indicazione vale poco più che come esempio: l’unico riferimento normativo (articolo 3 dello Statuto del contribuente) chiederebbe infatti di non fissare scadenze prima di 60 giorni dall’ultima novità normativa sul tributo. Ma in ogni caso anche in questo campo la decisione tocca ai Comuni. Come dimostra il caso lampante della data del 16 giugno, fissata dalla legge ma ignorata da molti enti, la potestà regolamentare assicurata ai Comuni dall’articolo 52 del Dlgs 446/1997 lascia un’ampia libertà alle amministrazioni locali. In via di fatto, però, il “suggerimento” ministeriale potrebbe avere un’efficacia generalizzata, perché rappresenterebbe un ottimo strumento di difesa in un eventuale contenzioso per i contribuenti nei Comuni che si ostinassero in ogni caso a voler seguire il termine del 16 giugno.
A questo punto, infatti, le situazioni concrete possono essere le più varie e dipendono dalle scelte adottate nei singoli Comuni. Quando in delibera è già stata decisa una data diversa, successiva al 16 giugno, i contribuenti sono tenuti a rispettare questa scadenza locale. Orientarsi, anche in questo caso, non è semplice, perché nelle delibere compaiono molte date: Genova ha deciso lo stop a sanzioni e interessi fino al 30 giugno (come Piacenza e Ferrara), Treviso ha scelto il 16 luglio (come Lodi, Savona, Vicenza, Pordenone e Siracusa), Brescia il 12 luglio, Venezia il 21 luglio, Mantova e Bologna il 31 luglio, la maggioranza dei Comuni della Valle d’Aosta ha rinviato tutto al 31 agosto, a Ravenna e Ancona si arriva al 16 settembre e così via. A questo riguardo, il fatto che il ministero indichi come «ragionevole» il termine del 16 luglio non dovrebbe costituire un problema nei Comuni dove sono state fissate date posteriori, anche perché ad attivare il contenzioso e quindi l’eventuale richiesta di sanzioni e interessi è il Comune stesso.
La risoluzione, invece, apre le porte a ripensamenti nei Comuni che non hanno deciso proroghe. Questi ora possono decidere ora di venire incontro ai contribuenti del loro territorio stabilendo anch’essi uno stop alle sanzioni (meglio se fino al 16 luglio, per fare in modo che le indicazioni ministeriali producano un minimo di omogeneità). Una strada che in punto di diritto potrebbe creare qualche problema, perché sembra prefigurare, anche se a macchia di leopardo, una sorta di “condono” già censurato dalla Cassazione (sentenze 14168/2013 e 7314/2014).
Rimane comunque il fatto che, anche in caso di contenzioso, le «obiettive condizioni di incertezza» evocate dallo Statuto del contribuente difficilmente non verrebbero riconosciute, tanto più dopo la nuova risoluzione.