Consumi al palo e zero investimenti ma soprattutto moltissima liquidità accumulata dalle famiglie con i risparmi ormai verso due mila miliardi di euro. Una cifra che, secondo Carlo Alberto Carnevale Maffè, è più che altro il prezzo della paura degli italiani. Si è tenuto ieri un altro appuntamento digitale de «L’Italia che investe», il format creato da Corriere.it e moderato dal vicedirettore Daniele Manca che ieri aveva come ospiti il professore di Strategia dell’Università Bocconi di Milano Maffè e l’amministratore delegato di FinecoBank Alessandro Foti.
L’anno scorso, in piena emergenza Covid, le riserve degli italiani sono aumentate di oltre 133 miliardi (+7%), dai 1.823 miliardi di dicembre 2019 ai 1.956 miliardi di dicembre 2020. È cresciuta, in particolare, la liquidità sui conti correnti, con il saldo totale arrivato a 1.348 miliardi, in aumento di oltre 166 miliardi (+14%) in 12 mesi.
Anche le aziende hanno fermato gli investimenti: i loro salvadanai, secondo i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa, sono saliti di quasi 74 miliardi (+24%), arrivando a quasi 385 miliardi; mentre quelli delle famiglie sono cresciuti di 66 miliardi (+6%), arrivando a 1.109 miliardi e quelli delle imprese familiari hanno registrato un saldo positivo di 11 miliardi (+18%), fino a 75 miliardi. Una tendenza, quella dell’accumulo, tipica italiana. «È un’abitudine che gli italiani hanno sempre avuto — ha spiegato ieri Foti —. Ma la perdita di opportunità a cui siamo andati incontro è pazzesca. Il modello americano ha una propensione al risparmio basso e consumo alta, al contrario di quello italiano. Il risultato è che i risparmiatori americani sono diventati più ricchi mentre invece noi no. Dobbiamo cominciare a gestire il risparmio in maniera moderna ed efficiente. Ed è molto importante perché possiamo creare le condizioni per un futuro migliore». Dello stesso parere anche Carnevale Maffè: «Usciamo da questo clima di volontà di flagellazione perché se c’è una certezza è che nei prossimi 12-24 mesi il mondo non ha alternativa e non può che crescere. I cicli industriali sono stati riavviati, è cambiato il modello di consumi, è cambiato il mondo e stare alla finestra a vedere il mondo che cambia accettando di perdere soldi significa perdere un’opportunità».
Ma a pesare su questa scelta c’è senz’altro la percezione del rischio. «Gli italiani, a rischio di guadagnare qualcosa, preferiscono la certezza di perdere qualcosa» ha aggiunto Maffè riferendosi ai tassi pari a zero sui conti corrente e al rischio inflazione. Gli effetti dell’inflazione infatti possono essere osservati da due punti di vista: l’erosione del potere d’acquisto del patrimonio nel corso del tempo e poi l’aumento dei prezzi. Non investendo i propri risparmi poi, hanno spiegato gli ospiti, si rischia non solo di non farli fruttare nel tempo, ma di accumulare una perdita sicura. «Ovviamente dietro questa scelta — hanno aggiunto — si nasconde la diseducazione finanziaria, la paura, ma se pensiamo che l’Europa ci sta prestando 200 miliardi ed è un decimo di quello che abbiamo sui conti correnti, capiamo anche subito che avremmo la forza da soli di poter ribaltare e far cambiare subito questo paese».