Un paese spaesato: è la rappresentazione plastica che racchiude contraddittorietà e polarizzazioni delle conseguenze della pandemia sull’economia (e non solo) italiana. Un paese che fatica a risollevarsi, e non da oggi, non solo sulla base dei dati strutturali, ma anche nell’immaginario collettivo, nel sentimento di fiducia che diminuisce. La condizione economica delle famiglie nell’epoca Covid è contraddistinta da “3P”: paradosso, polarizzazione, perdita.
Le ricerche sulla popolazione italiana (Reputation Science per Open Fiber) evidenziano, in primo luogo, un paradosso: è in corso una recessione economica, ma le famiglie l’avvertono in modo distorto. La serie storica (dal 2014 a oggi) mostra come il sentiment degli italiani sulle prospettive della propria situazione finanziaria veda aumentare progressivamente chi prevede resterà invariata (52,6%, dal 47,5% del 2019), rimane stabile quanti ritengono di peggiorare (33,5%, dal 30,6%), ma soprattutto diminuisce chi attende di poter migliorare (11,8%, dal 19,6%). Da un lato, conferma l’idea di un paese bloccato nelle prospettive, dove sempre meno persone hanno una visione di sviluppo: gli unici che più di altri la sostengono sono gli imprenditori (24,3%), mentre la maggioranza spera di poter contenere l’erosione delle risorse. Orientamento confermato dall’aumento della massa dei depositi bancari registrata quest’anno, dai pochi investimenti, dai consumi che restano al palo. Dall’altro lato, la previsione che riguarda l’economia regionale, piuttosto che quella nazionale ed europea è invece segnata marcatamente in senso negativo. La maggioranza prefigura una forte crescita delle difficoltà per il proprio territorio (57,0%, 43,5% nel 2019), soprattutto per l’Italia (67,2%, dal 47,7%), ma anche l’Europa non è da meno (52,1%, dal 34,5%). Il paradosso, quindi, risiede in questa polarizzazione fra l’auspicare di riuscire a mantenere le proprie condizioni, ma in un contesto economico che peggiora progressivamente. Quanto tale immaginario sia indotto dalle misure introdotte a salvaguardia del lavoro e dai diversi bonus elargiti in questi, e nei prossimi, mesi è tutto da verificare. Si è però creato una sorta di limbo, di sospensione della realtà, i cui effetti si manifesteranno appieno non appena i vincoli posti cadranno, e qualche avvisaglia negativa s’è già manifestata nelle scorse settimane.
La somma delle indicazioni fin qui ottenute consente di creare un indice di fiducia nel futuro che negli anni peggiora progressivamente e, nell’epoca della pandemia, evidenzia una polarizzazione: il senso di incertezza verso il futuro (24,8%) lascia il passo a un aumentano progressivo dei pessimisti (61,4%) e, all’opposto, degli ottimisti (13,8%). Come se la società gradualmente si dividesse fra chi, una minoranza, pur nelle difficoltà generate dal virus, avesse ancora un’aspettativa (o una speranza) di fiducia sul futuro (soprattutto anziani, imprenditori, residenti nel Centro-Sud), da un lato. E, dall’altro, una platea sempre più larga fosse segnata dallo scetticismo (in particolare donne, occupati, laureati, residenti al Nord Ovest).
Scetticismo che nasce da un senso di perdita: di sicurezze, di prospettive. Tant’è che i problemi che più preoccupano gli italiani per i prossimi anni sono il futuro dei giovani (23,1%), la disoccupazione (21,1%) e il peggioramento ambientale (17,4%). La diffusione della pandemia (10,8%) è più distante nella classifica, assieme al costo della vita (10,4%). Futuro delle nuove generazioni e lavoro sono le dimensioni che inquietano maggiormente. L’incertezza, la direzione opaca intrapresa per fronteggiare la pandemia ingessano ancor di più un paese bloccato ed erodono ulteriormente una fiducia già messa a dura prova dalla lunga fase di difficoltà economica, peraltro tutt’ora aperta. L’Italia per crescere deve investire nelle imprese e nei lavoratori. Ma se non sostiene parimenti il sentimento di fiducia – che nasce da una visione definita del futuro – il rischio di un regresso è reale.