12.11.2014

«Riforme e risparmi incerti», i dubbi Ue

  • Il Corriere della Sera
Un colpo lungo, uno corto, uno perfetto sul bersaglio: se la Commissione europea usasse nei confronti dell’Italia le stesse regole della balistica classica, cioè del cannoniere che aggiusta il tiro, oggi sarebbe il giorno del colpo corto, ma vicinissimo al bersaglio, cioè alla bocciatura della nostra politica economica. È stato infatti pubblicato il rapporto della stessa Commissione sugli squilibri macroeconomici italiani: e vi si parla di un debito pubblico «ostacolo per l’economia e seria fonte di debolezza», oltre che di ritardi ed errori in vari campi. Come anticipato ieri dal Corriere , la Commissione bolla come «incertezze significative» quelle rilevate nel programma della spending review (controllo e taglio della spesa pubblica), e riconosce che il governo italiano ha avviato delle riforme ma nello stesso tempo «diverse misure ambiziose che potrebbero rappresentare un cambio di passo attendono ancora la piena adozione o un ulteriore decreto di attuazione, e i loro risultati rimangono incerti». 
Sono moniti già uditi, e infatti il documento non contiene vere e proprie novità di fondo. Ma ciò non diminuisce, anzi aggrava la sostanza delle critiche. Non si parla neanche del giudizio-raccomandazione sul piano di stabilità italiano, atteso prima della fine del mese e di competenza della stessa Commissione. Questo rapporto appena diffuso, che tiene conto degli aggiornamenti apportati al Def, il Documento di economia e finanza, ma non della legge di Stabilità, tratta «soltanto» degli squilibri macroeconomici italiani, nel quadro di una procedura di infrazione già avviata a suo tempo. Viaggia, insomma, su un binario parallelo rispetto al verdetto che Roma attende da Bruxelles. E tuttavia, sembra il classico smottamento che in montagna annuncia la frana più grande: in ogni commento o quasi, si intravede quella che domani potrebbe essere la bocciatura del nostro piano di stabilità. A cominciare dal giudizio ribadito sul debito pubblico italiano: è «molto elevato», ed è «un ostacolo per l’economia e una seria fonte di debolezza, in particolare nell’attuale contesto di bassa crescita e di bassa inflazione». Detto in altre parole, ma più o meno con lo stesso significato: questo debito «frena la crescita attraverso il livello molto elevato di tassazione, gli alti interessi che limitano i margini di spesa pubblica produttiva, e la limitata capacità di rispondere agli shock economici».
E ancora: è «una causa di vulnerabilità», poiché «sottintende significativi rischi di rifinanziamento e rende il paese vulnerabile a improvvisi aumenti dei rendimenti dei bond sovrani e alla volatilità del mercato in periodi di accresciuta avversione al rischio con effetti diffusivi potenziali in altri Paesi». Quest’ultimo è il temuto effetto «spill over», di tracimazione o contagio dei problemi da un Paese all’altro. Due o tre anni, era un concetto applicato alla Grecia, all’Irlanda o al Portogallo. Ma questi Paesi hanno risalito almeno in parte la china, ed ora è a proposito dell’Italia, che la Commissione parla di un rischio di «spill over». Il cannoniere di Bruxelles aggiusta la mira, il colpo giusto sul bersaglio — il piano di stabilità italiano — è in arrivo?