22.04.2021

Rete, Open Fiber pronta al gradimento per il fondo Macquarie

  • La Repubblica
Un altro passo avanti su Open Fiber, la rete oggi controllata alla pari 50% da Cdp e Enel, per accelerare sul progetto della rete unica.
Ieri si è svolto un consiglio di amministrazione straordinario di Cassa depositi e prestiti per illustrare i passi avanti della trattativa con Macquarie, il fondo australiano che lo scorso dicembre ha offerto 2,65 miliardi al gruppo guidato da Francesco Starace per rilevare il 50% della rete in fibra. Stamani è stato quindi convocato un consiglio di amministrazione di Open Fiber che in teoria dovrebbe dare il gradimento all’ingresso del fondo nel capitale della società. Con il semaforo verde di Open Fiber, a cascata dovrebbero sbloccarsi una serie di operazioni che dovrebbero portare all’uscita di Enel dalla società, e all’acquisto da parte di Cdp di un’ulteriore quota che le permetta di consolidare la maggioranza dell’infrastruttura.
La tabella di marcia prevede di chiudere tutti i passaggi entro aprile, agevolando l’uscita di Enel da Open Fiber e permettendo alla Cdp di assumere il controllo e una governance piena. Franco Bassanini, attuale presidente in quota Cdp, dovrebbe essere confermato al vertice, mentre l’ad Elisabetta Ripa, indicata ad Enel, dovrebbe fare un passo indietro. Al suo posto il nome più ricorrente per Open Fiber è quello di Luigi Ferraris, ex numero uno di Terna, ma la casella non sarebbe ancora stata definita. Macquarie dovrebbe nominare invece il direttore finanziario e la Cdp quello di rete per il collaudo e la messa a punto dell’infrastruttura, che sulle aree bianche – ovvero quelle poco popolate oggetto di bandi Infratel – è molto indietro sulla tabella di marcia.
L’accelerazione su Open Fiber permetterebbe di tornare a spingere sulla rete unica, anche se l’idea del nuovo governo sarebbe diversa da quella impostata lo scorso agosto dal precedente esecutivo. Sul tavolo ci sarebbero due nuove opzioni, quella di un consorzio di operatori sulla falsariga dell’investimento lanciato da Telecom Italia per cablare le aree grigie attraverso Fibercop (attualmente al vaglio dell’Agcom), e quella di un’integrazione della sola rete secondaria di accesso di Tim con Open Fiber.
Lo scorso agosto Cdp e il gruppo guidato da Luigi Gubitosi avevano firmato un memorandum di intesa per unire tutta la rete Tim che dalla centrale arriva nelle case degli italiani con quella in fibra, ma ora il nuovo progetto punterebbe a mettere insieme solo l’ultimo miglio, quello che dall’armadietto entra nelle case degli italiani, lo stesso che è appena stato conferito in Fibercop (58% Tim), un’azienda che è stata valutata 7,7 miliardi dal fondo Usa Kkr (37,5%) e che nel 2020 ha generato 900 milioni di margine operativo lordo.
L’obiettivo del governo Draghi è accelerare lo sviluppo della banda larga, evitando sprechi ma contenendo il peso di Tim nella futura società della rete unica, a maggior garanzia della terzietà e della parità di accesso degli operatori. Sia un consorzio di operatori che l’unione di Fibercop con Open Fiber, sarebbero due valide alternative per centrare quest’obiettivo.